SCATTONE D’IRA - LA MADRE DI MARTA RUSSO PROTESTA CONTRO L’OMICIDA DELLA FIGLIA, CHE OGGI INSEGNA NEL LICEO CHE FREQUENTÒ PROPRIO LA GIOVANE RAGAZZA UCCISA ALLA SAPIENZA: “NON DOVREBBE FARE L’EDUCATORE DI GIOVANI” - GIOVANNI SCATTONE RISPONDE: “MI SONO SEMPRE DICHIARATO INNOCENTE, È UN LAVORO CHE FACCIO DA 7 ANNI. FACCIO SUPPLENZE, SONO PRECARIO. NON VEDO PERCHÉ NON DOVREI”…

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1- «L'OMICIDA DI MARTA RUSSO NON INSEGNI» - PARLA LA MADRE DELLA RAGAZZA UCCISA NEI VIALI DELLA SAPIENZA DI ROMA...
Dal "Corriere.it"

«Ti senti come perseguitato dal destino, ma tanto è inutile perché non ci si può far nulla». A parlare è Aureliana Russo, madre di Marta, la studentessa uccisa il 9 maggio 1997 da un colpo di pistola all'università La Sapienza di Roma. Per quel colpo sparato accidentalmente, furono condannati in via definitiva Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, all'epoca assistenti universitari. Oggi, racconta Il Fatto Quotidiano, Scattone insegna storia e filosofia al liceo Cavour di Roma. Marta Russo frequentò quell'istituto per tre anni.

I GENITORI DI MARTA RUSSO AL PROCESSOI GENITORI DI MARTA RUSSO AL PROCESSO

«NON PUO' ESSERE UN EDUCATORE» - «All'inizio dell'anno la madre di una alunna del Cavour mi telefonò sconvolta - racconta Aureliana Russo - per dirmi la novità: Scattone insegnava lì. Mi disse che volevano fare qualcosa per protestare, ma poi non ho più sentito nessuno. Del resto con chi me la potrei prendere? Con l'ultima sentenza Scattone non è più interdetto dai pubblici uffici, quindi... Capisco che si debba guadagnare il pane ma dovrebbe fare un altro mestiere. Dopo un delitto così atroce, lui non può essere un educatore di giovani; proprio lui non può insegnare filosofia. In tutte le scuole dove è andato ad insegnare i genitori si sono ribellati ma non hanno potuto far niente. È la legge».

IL PRECEDENTE - Qualche anno fa, ricorda Aureliana Russo, in una scuola di Ostia, dove era stata appena intitolata un'aula alla figlia arrivò ad insegnare Scattone: «Gli insegnanti mi spiegarono il loro imbarazzo, ma non accadde niente». Certe notizie, spiega la madre di Marta «mi sconvolgono sempre e minano il mio precario equilibrio, raggiunto negli anni a fatica. Ma soprattutto non mi aiutano a voltare pagina, cosa che ho cercato di fare intitolando un'associazione a Marta per la donazione degli organi. Proprio martedì prossimo al Centro Trapianti Regionale del San Camillo - sottolinea - assegneremo tre borse di studio da 5000 euro ad altrettanti medici neo-laureati per approfondire la cultura del trapianto. Sono queste le situazioni - conclude - che mi danno la forza di andare avanti».

IL LICEO - A queste parole replica Tecla Sannino, dirigente scolastico del Cavour: «Pur partecipando al dolore della famiglia di Marta Russo, e condividendo la perplessità dell'opinione pubblica, in qualità di dirigente scolastico e in qualità di rappresentante legale dell'istituto, sono tenuta a rispettare la sentenza della Cassazione e le normative vigenti che prevedono nomine di docenti supplenti secondo le graduatorie provinciali, curate dall'Ufficio ambito territoriale». La preside fa trapelare che c'e stato, all'interno del corpo docente, un lungo dibattito interno per quella che si è presentata da settembre come «una situazione molto delicata».

2- SCATTONE: «PERCHÉ NON DOVREI INSEGNARE ? MI SONO SEMPRE DICHIARATO INNOCENTE»...
Paolo Brogi per "Corriere.it"

GIOVANNI SCATTONE AL PROCESSOGIOVANNI SCATTONE AL PROCESSO

Cade dalle nuvole Giovanni Scattone interpellato sulla polemica, mentre passa da una lezione a un consiglio di istituto. «Mi dovrei astenere dall'insegnamento? - chiede -. E perché? Io mi sono sempre dichiarato innocente...Con tutto il rispetto per i parenti di Marta Russo io sono sereno e non vedo perché non dovrei insegnare storia e filosofia».
Scattone, lei è stato condannato per omicidio anche se in formula colposa. Non pensa che dovrebbe astenersi dall'insegnare?
«E perché? E' un lavoro. Lo faccio ormai anche se in modo precario da sette anni. E' un tempo abbastanza lungo ormai...».

Chi critica la sua presenza ora al Cavour di Roma dice che anche in altre scuole si è protestato per la sua presenza da insegnante.
«Non mi risulta. L'unica polemica fu innescata sette anni fa da un articolo di un quotidiano. Mi si contestava l'opportunità di insegnare al Primo Levi. In tutti questi anni tra i colleghi e gli studenti non ho mai trovato contestazioni di sorta...».

In quanti istituti è stato da allora?
«In oltre una decina di istituti superiori. Io faccio supplenze. Tutto qua. Vado dove mi si chiama. Sono un precario, sposato con un'insegnante anche lei precaria...».

Ma la sentenza con cui è stato condannato l'aveva interdetto dall'insegnamento...
«La Cassazione ha cancellato questa interdizione, che era un errore tecnico. Di fatto non c'è mai stata interdizione. Ora devo andare, ho una lezione...».

 

 

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