Estratto dell'articolo di Elisa Calessi per Libero Quotidiano
ELLY SCHLEIN E GIUSEPPE CONTE IN PIAZZA A ROMA
Nel Pd, dice Alessia Morani, ex parlamentare e membro della commissione di garanzia nazionale, «ci sono troppi nostalgici di Conte». Così come sono troppi i «messaggi confusi sulla guerra in Ucraina». Il giorno dopo la manifestazione che, tra le polemiche finali, ha visto marciare insieme Pd e M5S, e alla vigilia della direzione nazionale, l’ex parlamentare dem ragiona, senza sconti, sulle ultime settimane.
Tre istantanee di sabato: abbraccio tra Schlein e Conte, Grillo che invita a organizzare brigate, muniti di passamontagna, e Moni Ovadia che dà la colpa della guerra alla Nato. Abbiamo un problema?
«Credo che il problema stia in casa di chi dà la parola a questi personaggi. In Italia sanno tutti che Putin è un criminale di guerra ed è il responsabile dell’invasione in Ucraina. Le farneticazioni sulla Nato non possono coprire questa verità.Le parole di Grillo invece sono, come sempre, provocatorie e irresponsabili. Niente di nuovo, insomma».
Elly Schlein aveva deciso di non andare poi ha cambiato idea. Ha sbagliato?
«Visto l’esito anche delle ultime elezioni amministrative in tutti noi c’è la consapevolezza che è necessario unire le forze dell’opposizione e la segretaria per dare un segnale in questo senso ha pensato bene di partecipare. Credo che il suo staff avrebbe dovuto comunque conoscere l’elenco degli interventi dal palco per evitarle imbarazzi successivi».
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ELLY SCHLEIN E GIUSEPPE CONTE IN PIAZZA A ROMA
Cosa non funziona nel Pd?
«Il Pd deve trovare un equilibrio interno, considerato l’esito del congresso che ha visto prevalere Bonaccini tra gli iscritti e Schlein alle primarie. Questo risultato congressuale va fatto vivere con una vera condivisione delle responsabilità che oggi, però, ancora non c’è. Ho avuto modo di parlarne con la segretaria e le ho detto che occorre che tutti si sentano a casa».
La voce dei riformisti, nel Pd, è un po’ flebile?
«Noi riformisti per il bene del Pd dobbiamo essere più coraggiosi e presenti. Abbiamo già salvato il partito dalla scissione di Renzi. Il mio timore è che tanti ci stiano lasciando in silenzio. Troppi addii, probabilmente sottovalutati. L’ultimo in ordine di tempo è quello di D’Amato di cui mi rammarico molto. Un disagio c’è, bisogna comprenderlo e fare in modo che il pluralismo del Pd continui a vivere. Senza abiure o nostalgie».