Fabrizio d'Esposito per "il Fatto quotidiano"
FRANCESCO NITTO PALMAAi previtiani calza perfettamente la minacciosa profezia che un giorno fece Mariano Rumor: "Noi democristiani siamo come la foresta amazzonica, più ne tagli e ne bruci più cresciamo rigogliosi". E così la lunga agonia del berlusconismo rischia di diventare ancora più oscena con lo spettacolo di un Guardasigilli consigliato a B. da Cesare Previti, condannato due volte per corruzione in via definitiva ma sempre intimo del premier, al punto da pranzare con lui non più di un mese fa.
Due previtiani, infatti, corrono per succedere ad Angelino Alfano, ministro dimissionario da quanto è stato eletto segretario del Pdl. I loro nomi sono Francesco Nitto Palma e Donato Bruno. Il primo fa il sottosegretario all'Interno e in queste ore è favoritissimo per la poltrona di via Arenula.
Il secondo è presidente della commissione Affari costituzionali alla Camera ed è l'opzione di riserva, da calare all'ultimo momento. In pratica, il Cavaliere ritorna al vero spirito del ‘94, quando dopo il vittorioso esordio elettorale mise il nome di Previti nella casella della Giustizia ma l'operazione saltò per l'opposizione di Oscar Luigi Scalfaro, allora al Quirinale.
DONATO BRUNOCon Palma o Bruno si torna quindi al punto di partenza in questo finale di partita, nel luogo strategico per leggi e norme ad personam, dove a dire il vero Alfano non ha affatto deluso il Capo. Del resto c'è una scena emblematica che rappresenta al meglio l'ineffabile ticket previtiano nella rosa per la Giustizia, che comprende anche Brunetta (ma il Colle ha già anticipato il suo no), La Loggia, Lupi, Bernini. Una scena del luglio di nove anni fa, attualissima non solo per i protagonisti.
A Montecitorio c'è la grande tentazione di ritornare all'immunità totale per i parlamentari. Un emendamento prevede il cosiddetto modello spagnolo: blocco delle indagini su deputati e senatori fino alla scadenza del loro mandato, compreso l'effetto retroattivo per chi è già indagato. A presentarlo e firmarlo è il deputato forzista Nitto Palma. L'emendamento serve soprattutto a Previti, il corruttore assediato da vari processi, ed è in esame alla commissione presieduta da Bruno.
DONATO BRUNOUna questione tra amici. L'opposizione però minaccia le barricate e il 17 luglio Palma ritira la norma da aggiungere alla riforma dell'immunità. L'ordine arriva direttamente da Palazzo Chigi. A convincere il premier è Pier Ferdinando Casini, presidente della Camera: "Silvio ma chi te lo fa fare? Qui si scatenerà il finimondo". A quel punto il Cavaliere chiama Donato Bruno: "Dillo tu a Nitto Palma, che deve ritirare l'emendamento". Bruno telefona a Palma, che poi informa "l'amico Cesare". La reazione di Previti è furibonda: "È chiaro che ci stiamo facendo ricattare dai democristiani".
Berlusconi e PrevitiFallito il blitz sull'immunità, due anni dopo alla Camera si discute la salva-Previti, innestata sulla ex-Cirielli per ridurre la prescrizione. In aula tocca a Palma difendere l'ennesima porcata ad personam. Un deputato della Margherita, Fabio Ciani, gli rivolge una domanda: "Pongo al collega Palma una domanda chiara e semplice, cui rispondere con un sì o con un no: con la nuova legge i processi all'onorevole Previti si prescrivono oppure no?".
LUCA PALAMARAPalma barcolla e balbetta: "Ho troppo rispetto per la sua conoscenza dell'aritmetica, quindi la invito a farsi i calcoli da solo. Non lo so, non mi interessa". La frase viene sommersa da un boato di risate. Ma non è finita. Palma esce dall'aula e si mette a parlare con Francesco Bonito dei Ds. Si avvicina Previti e grida contro Bonito: "Perché mi odi?". Il deputato di sinistra replica: "Non odio nessuno, mi comporto come ritengo giusto". Previti s'infuria ancora di più: "Allora sei un pezzo di merda". Poi gli dà addosso. A separarli è Nitto Palma, che prende Previti e si allontana con lui tenendolo sottobraccio.
SILVIO BERLUSCONI ANGELINO ALFANOPubblico ministero fino a metà degli anni novanta, Francesco Nitto Palma era alla procura di Roma quando mise sotto accusa i suoi colleghi militari di Padova che indagavano su Gladio. Un'inchiesta che fece riguadagnare a Roma il poco onorevole marchio di "porto delle nebbie". Ironia della sorte, si racconta che il suo passato da pm possa giocare contro la sua promozione a ministro, senza contare che è stato testimone di nozze di Luca Palamara, presidente dell'Anm.
Marcello Dell UtriA differenza di Palma, definito anche il "Ghedini di Previti" per la sua competenza tecnica, Donato Bruno incarna il volto politico del previtismo. Da anni imbalsamato alla commissione Affari costituzionali, Bruno è un avvocato della provincia di Bari, tra i più ricchi del Parlamento. È considerato un falco ma vanta una solida relazione di amicizia con Gianni Letta. Due anni e mezzo fa vide sfumare la sua prima grande occasione: l'elezione alla Corte costituzionale.
La maggioranza però gli preferì Frigo. Il nome suo e quello di Palma nella rosa per via Arenula sono la conferma dell'appello che Cesare Previti rivolse nel 2007 dalla convention di Marcello Dell'Utri a Montecatini. Previti chiese un permesso per andare, perché ai domiciliari dopo la sentenza definitiva su Imi-Sir. Parole scolpite nei cuori dei suoi fedelissimi: "Dobbiamo essere un inno alla vita e quindi mai, mai, mai mollare". Anche per questo uno tra Palma e Bruno domani può giurare da ministro.