"Io odio Taylor Swift". Donald Trump attacca a testa bassa. L'ex presidente degli Stati Uniti, con un lapidario post sul social Truth, prende di mira la superstar del pop. Le parole di Trump arrivano dopo l'endorsement di Taylor Swift per la vicepresidente Kamala Harris, avversaria di Trump nelle elezioni in programma il 5 novembre.
Dopo il dibattito televisivo tra i due candidati, andato in onda martedì sulla Abc, l'artista aveva pubblicato un post, firmato "gattara senza figli", in cui annunciava il suo appoggio a Harris. Una firma al veleno che richiama a quel "gattara infelice senza figli" con cui il candidato repubblicano alla vice presidenza, J D Vance, aveva apostrofato Harris.
Swift ''pagherà il prezzo'' per aver espresso il suo sostegno a Kamala Harris, aveva già replicato Trump 'giurando vendetta'. Oggi, il nuovo messaggio.
IL FATTORE SWIFT
Stefano Mannoni per milanofinanza.it
Un lieve vantaggio. A tanto ammonta il risultato favorevole a Kamala Harris nel dibattito televisivo di martedì con Donald Trump. È vero, l’ex presidente è scivolato su temi triti e implausibili della sua campagna come quello degli immigrati che mangiano i gatti o quello ancora peggiore dei governatori democratici che liquidano i bambini «nati dopo il nono mese» (sic!). È vero ancora che l’ex pubblico ministero Harris si è battuta con energia e verve come se fosse ancora impegnata a convincere la giuria della colpevolezza dell’imputato in un caso di omicidio.
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Ma guardiamo il dibattito da un’angolatura diversa che è quella del carisma. Ebbene su questo piano il bilancio è ben diverso. Donald Trump ha confermato di averne in grandi dosi, mentre al confronto la Harris è sembrata una maestrina puntigliosa che si è preparata bene la lezione. Ma poi così bene? Se Trump è stato liquidatorio e ripetitivo, la Harris è stata ampiamente elusiva. Non era forse la zarina dell’immigrazione? Ecco che su questo tasto dolente non ha voluto rispondere. E ha fatto bene, dal suo punto di vista, perché l’erratica politica dell’amministrazione Biden non è minimamente convincente.
Il New York Times esulta perché nel dibattito la Harris è riuscita a stuzzicare l’ego di Trump, uno dei suoi notori punti deboli. Può darsi. Ma il vecchio leone non se l’è cavata tutto sommato tanto male. A fronte dell’aggressività della sua rivale, è riuscito a mandare al pubblico pochi, efficaci messaggi, facendo leva sui risultati, reali o immaginari della sua amministrazione. Uno fra tutti: ai suoi tempi regnava la pace, ora infuria la guerra in Ucraina e Medio Oriente. La Harris invece si è ben guardata dal difendere con energia le scelte di Joe Biden, tranne che un po' sull’economia, come se fosse stata altrove in questi quattro anni. Intendiamoci: non ho simpatia alcuna per Trump e temo come tanti il suo ritorno al potere.
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Ma come analista politico non voglio lasciarmi influenzare dall’emotività. Kamala Harris continua a essere un candidato costruito in vitro, di plastica e non di carne, mentre la forza della natura Trump è fedele alla sua straripante personalità, al punto da mentire spudoratamente di fronte a milioni di persone senza arrossire. Alle quali persone, però, bisogna domandarsi se interesserà più passare alla lente di ingrandimento le risposte dei candidati sulla scaletta delle domande o piuttosto soffermarsi sull’area di carisma che promana dai candidati. Carisma di cui, ahimè la Harris, è totalmente sprovvista, come ho detto.
taylor swift annuncia l'endorsement a kamala harris con una foto del suo gatto
L’unico carisma che è entrato in campo, ma solo dopo il dibattito, è stato quello di Taylor Swift, la quale avendone in abbondanza ne ha fatto dono alla piuttosto immeritevole Kamala Harris. Noi che siamo fedeli swifties gliene siamo grati. La democrazia ha un disperato bisogno per sostentarsi di una potente acclamazione, e non solo di argomenti ben costruiti, passati al vaglio dagli esperti.
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