Estratto dell’articolo di Paola Zanca per il “Fatto quotidiano”
[…] una discreta gara è in procinto di iniziare, lunedì a mezzogiorno. A quell’ora si chiuderanno le candidature per la presidenza della Federazione Italiana Nuoto, ovvero la cassaforte delle oltre mille società sportive che gestiscono le piscine d’Italia. Un giochetto, per capirci, che nel 2023 ha potuto contare su risorse per 65 milioni di euro, tra contributi pubblici, fondi del Coni, quote associative e altri ricavi.
Sedere sulla poltrona di presidente, insomma, non è esattamente una carica puramente onoraria: si conta, e pure parecchio. Lo sa bene Paolo Barelli, che siamo abituati a citare come capogruppo di Forza Italia alla Camera. Ebbene, il fedelissimo di Antonio Tajani, per restare alla metafora parigina, è il tedoforo che più o meno da quarant’anni porta la fiamma olimpica. E che non ha nessuna intenzione di passare di mano.
Ufficialmente guida la Fin dal 2000, ma ne è stato vicepresidente fin dal 1987, un paio di lustri dopo aver chiuso la sua carriera da nuotatore, iniziata nientemeno che a Monaco ‘72.
Sei anni dopo, nel 1978, sempre in Germania, ai mondiali disputati a Berlino Ovest, nuotava col costume azzurro anche un suo attuale collega del centrodestra, Fabio Rampelli. Ed è proprio lui, l’ex padrino politico di Giorgia Meloni, attuale vicepresidente della Camera, a stare seriamente riflettendo di candidarsi, lunedì.
Così prende forma l’italianissima suggestione di sport e politica che si mischiano e si confondono e che vedrà sfidarsi – salvo ripensamenti dell’ultim’ora – due esponenti di spicco del centrodestra per la poltrona di presidente della Federazione Nuoto.
Il tedoforo Barelli l’ha ufficializzato ieri, non esattamente creando stupore: “Spronato dal vostro largo sostegno, ho deciso di ricandidarmi per continuare a dedicarmi ai progetti difesi, incrementati e avviati nel corso degli ultimi quadrienni”, ha scritto in una lettera agli associati. La declinazione al plurale dei mandati, del resto, ora ha un bollino di legge.
Con un blitz in commissione – l’estate scorsa – è stato superato il limite dei tre rinnovi che era stato imposto dalla riforma Lotti. I presidenti delle federazioni – escluso l’avvelenato Giovanni Malagò – possono ricandidarsi a oltranza, purché superino i due terzi della maggioranza, il 66 per cento dei voti. La “clausola bulgara” è indicativa di come vada il mondo nelle federazioni, dove di “sportivo” – almeno nelle competizioni di vertice – pare esserci ben poco.
[…] numerose grane […] hanno segnato gli ultimi anni della presidenza Barelli. Una – quella che riguarda la giustizia sportiva – si è chiusa pochi mesi fa, dopo che il capogruppo di FI ha scontato un anno di squalifica dalla World Aquatics, la Federazione internazionale di nuoto, prima che il tribunale dello sport di Losanna gli desse ragione.
L’altra – che è della Corte dei Conti – ha avuto sviluppi quantomeno bizzarri: assolto in primo grado, è stato condannato in appello a risarcire mezzo milione di euro. Si tratta, in estrema sintesi, di lavori di ristrutturazione delle piscine dello Stadio del Nuoto, del Foro Italico e dello Stadio Olimpico: 16 fatture rimborsate alla Fin da Coni Servizi nonostante fossero già state finanziate dal Mef.
Il danno erariale gli è stato personalmente addebitato per 495mila euro. Lui “essendo pacifico che le somme erroneamente versate dalla società Coni Servizi sono state incassate in perfetta buona fede da FIN e solamente da Fin” ha chiesto e ottenuto che la stessa Federazione si facesse “carico della restituzione”. Pazienza se nella sentenza è scritto chiaramente che “l’unico, reale dominus dell’intreccio di eventi che ha portato al doppio pagamento delle stesse fatture” è proprio Barelli. Perché è a lui che “sono da ascriversi tutti i principali atti dai quali è scaturita la perdita economia”.
“La circostanza che lo abbia fatto ‘nella qualità di’ presidente della FIN”, concludono i magistrati contabili, “non è utile a scriminare il suo diretto e personale apporto causale alla produzione dell'evento dannoso”. Ha provato a chiedere la revocazione della sentenza, ma ha perso il ricorso. Ora pensa di rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo […]