Carlo Bertini per “la Stampa”
C'è un motivo per cui il Pd aspetta che si formino le commissioni per dare battaglia: la speranza è che il reclutamento a piene mani dal Senato per posti di governo e sottogoverno crei un testa a testa frequente, non tanto in aula, dove la maggioranza sarà più risicata ma avrà comunque una ventina di voti di scarto;
quanto nelle commissioni parlamentari, dove i membri del centrodestra avranno spesso un margine sul filo a causa delle assenze dei membri di governo impegnati altrove. Ma per incidere davvero, serve una unità di intenti tra le opposizioni, in aula e nelle commissioni. E per ora si profila solo un asse Pd-M5s, come conferma anche un politico di lungo corso come Luciano Violante, ex presidente della Camera.
«Vedo all'orizzonte un'intesa tra il Pd e i Cinque stelle su azioni comuni, come è accaduto per le elezioni delle presidenze di Camera e Senato».
E se fa una tale previsione, è perché i segnali sono evidenti.
A cominciare dalle tre parole «Opposizione, opposizione, opposizione», ripetute da Enrico Letta, in linea con il muro eretto dai grillini, poco inclini alla mano tesa su questo o quel provvedimento. Una tendenza confermata da Enrico Borghi della segreteria dem: «Ci sono due scuole di pensiero, quella del Terzo polo, più accondiscendente nei confronti del governo, e quella più radicale, nostra e dei 5stelle».
Quindi, nella triangolazione tra le opposizioni, specie quando si entrerà nel vivo della dialettica parlamentare, si profila un asse Pd-M5s a discapito del gelo che c'è tra Giuseppe Conte ed Enrico Letta. Del resto schiacciare il Pd sui grillini è l'obiettivo di Renzi e Calenda: «Ci sono due opposizioni- dice Raffaella Paita di Iv -, una contraria a tutto e un'altra che vuole fare l'interesse del Paese».
Prefigurando così voti a favore su questa o quella misura.
E che la frattura tra le opposizioni vada sanata è un punto fermo del Pd, che risponde anche ad una logica ben descritta da Nicola Zingaretti: «Coordinarsi è un dovere, perché il primo obiettivo di chi governa è dividere le opposizioni. Ora, che qualcuno nelle opposizioni rivendichi le divisioni come tratto identitario, è un'ennesima prova di follia del momento».
E se dunque marciare divisi in Parlamento è un altro grande favore alla destra, «la verità è che Conte, Renzi e Calenda non vogliono unirsi a noi per non legittimare un partito che intendono spolpare», spiega un membro dello stato maggiore Pd. Quindi per dimostrare di contare e dare prova di vitalità il Pd, alle prese con un congresso e un calo nei sondaggi (sono previste per giovedì e venerdì le riunioni di segreteria e Direzione), fa di tutto per creare un coordinamento operoso. O quantomeno, «un lavoro comune sul caro-energia e crisi aziendali», come propone l'ex viceministro Antonio Misiani.
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