1. IL SEGRETARIO SI PREPARA ALLE URNE E LANCIA L’ALIQUOTA UNICA AL 15%
Alberto Mattioli per “la Stampa”
salvini calderoli e il presepe di bergamo
Lui si sente già in campagna elettorale. «Penso che Renzi ci pensi. In primavera, tutti alle urne», pronostica Matteo Salvini. E infatti il convegno milanese sulla «flat tax», l’aliquota fiscale unica al 15%, sembra quasi un’apertura di campagna. A partire dalla presenza di tutti big leghisti. Ci sono Maroni, Calderoli, Borghezio e perfino il vecchio Bossi («Salvini? Lasciamolo crescere»).
Per l’occasione, il «Matteo giusto», applauditissimo, non sceglie il consueto look di lotta in felpa ma quello di governo in giacca e cravatta verde Lega (sopra la camicia, stavolta). Solo alla fine, per protestare contro lo «Stato delinquente» che ha tagliato sei milioni perfino ai non vedenti, si infila una felpa con slogan: «Giù le mani dall’Unione Italiana Ciechi».
renzi su chi e salvini su oggi
La flat tax è una proposta rivoluzionaria e molto semplice: «Se l’ho capita io, la capiscono tutti», ghigna Salvini. Non si farà mai, però discuterla serve a mettere alla berlina le assurdità del sistema fiscale attuale. La compagnia è insolita. C’è Armando Siri, presidente del Pin, che non è quello del bancomat ma il Partito Italia Nuova. E c’è Alvin Rabushka, professore a Stanford e già consigliere di Reagan, che della «flat tax» è il profeta.
Sono loro a elencare i vantaggi dell’aliquota unica (con un meccanismo di detrazioni per salvaguardare la progressività santificata dalla Costituzione): emersione del sommerso, risparmi di tempo (per i tassati) e di denaro (per i tassatori), riduzione del peso fiscale, eccetera. In realtà si tratta, come diceva appunto Reagan, di «affamare la bestia», cioè lo Stato. E quello italiano, rincarano i leghisti, è particolarmente famelico.
Salvini, in ogni caso, della flat tax ha parlato solo di sfuggita. Ha preferito invece sparare sul Pd, che in questi giorni è un bersaglio piuttosto facile: «Il business dei rom glielo lasciamo», «Il Pd in questo periodo ha qualche piccolissimo problema di corruzione», eccetera. Quanto a Renzi, «qualcuno si è accorto che fra 15 giorni scade il semestre di presidenza italiana della Ue? Doveva portare a casa un solo dossier, quello del “made in Italy” obbligatorio sui prodotti: non se n’è nemmeno discusso».
L’attacco al governo passa da una nuova dose di liberismo: i commercianti adesso sono «eroi» e la sinistra ha una cultura «basta sul sospetto e sull’invidia», e qui siamo davvero in zona Berlusconi del ’94.
Resta il rebus del Sud. La presentazione della nuova Lega-non Lega dagli Appennini in giù slitta da lunedì a venerdì prossimo. È chiaro che, con tutto il marciume che sta venendo fuori a Romafia, si devono moltiplicare la cautele su chi accettare.
«Abbiamo solo un problema di abbondanza», dice Salvini, poi ammette che «a chi chiede di aderire stiamo facendo anche la radiografia», e sarà meglio. In ogni caso, per le regionali di primavera «al Sud ci saremo». Ma, è chiaro, pensa che non si voterà solo per le regioni. «E noi non siamo qui per partecipare, ma per vincere».
2. MA SUI SOCIAL NETWORK SALVINI VINCE LA SFIDA
MATTEO SALVINI PRIMA O' SUD BY BENNY
Marco Bresolin per “la Stampa”
C’era una volta il Movimento Cinque Stelle, il Partito della Rete. L’unico che poteva vantare un’egemonia sul terreno dei social network, sempre più strumento di raccolta di consenso. Poi è arrivato Matteo Renzi, smartphone alla mano e tweet sparati a tutte le ore. Quel testa a testa con Grillo, però, ora deve fare i conti col terzo incomodo.
salvini balla con marine le pen
Quel Matteo Salvini da Milano, segretario della Lega Nord, che ha varcato la linea del Po per invadere mercati rionali, periferie degradate, studi televisivi e soprattutto bacheche di Facebook. E così tutti i tre principali leader politici italiani sono ora attrezzati per combattere ad armi pari sulla piazza del consenso virtuale. Che poi è anche reale.
Operazione sorpasso
Per numero di follower (su Twitter) e di seguaci (su Facebook), Salvini resta ancora alle spalle di Grillo e Renzi, staccato di molto. Ma sono dati superficiali, non bisogna fermarsi lì. Bisogna andare a fondo e vedere il loro peso. E dall’analisi dei rispettivi fan emergono due considerazioni: il popolo di Salvini, oltre a essere in notevole crescita (+3,8% su Facebook e +4,20% su Twitter, mentre Renzi e Grillo sono allo zero virgola), è anche quello più coinvolto. Basta dare un’occhiata all’«engagement», le interazioni giornaliere: Salvini riesce a far commentare, condividere o mettere un «Mi Piace» al 44% dei suoi adepti. Grillo arriva al 5,30% e Renzi non si scosta dallo 0,6%.
Il guru di Mantova
Va detto che il premier non ama molto il social network di Mark Zuckerberg, preferisce Twitter. Eppure anche lì, il confronto è vinto da Salvini: ha solo 86 mila follower (Renzi 1,5 milioni e Grillo 1,6 milioni), ma il leghista è quello che - in percentuale - registra più interazioni. Non è tutto merito dell’iPad nascosto sotto la felpa, però. Il segreto di Salvini si chiama Luca Morisi, docente di Informatica Filosofica a Verona. Dal suo studio di Mantova decide la strategia e coordina un gruppo di lavoro che gestisce la comunicazione di Salvini secondo la formula TRT: Territorio, Rete e Tv.
Due occhi, due schermi
La miscela social network-televisione è infatti il vero carburante della macchina del consenso di Salvini. Mentre lui è ospite di una trasmissione, i suoi collaboratori lavorano su Twitter (anche se considerato, a ragione, troppo «elitario») e soprattutto Facebook. Per andare a pescare i tanti telespettatori che seguono la tv con smartphone o tablet in mano. Una recente ricerca di Demos, curata da Ilvo Diamanti, ha dimostrato che il 44% degli italiani si informa in modo ibrido, abbinando la Rete a un media tradizionale. Tra gli elettori leghisti questa percentuale sale addirittura al 60%.
Chi cerca, trova
Fin qui, i risultati frutto di precise strategie. È molto interessante, però, spulciare le ricerche su Google per capire quanta curiosità suscitino i leader. Renzi ha avuto un picco a febbraio, nella settimana del suo insediamento. Grillo anche, ma il vero boom per il leader M5S si è registrato durante le elezioni europee. Oggi, invece, l’interesse per i due è crollato. Mentre, di pari passo, si è impennato quello per Salvini. Ora tutti e tre sono più o meno allo stesso livello.
Ultima curiosità; la mappa delle ricerche sul leader leghista. L’interesse nelle regioni del Sud è ancora basso, ma il dato sorprendente riguarda il Lazio: il volume di ricerche su Google è superiore rispetto a quelle il Piemonte e sfiora quelle effettuante in Veneto.