Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
caso gregoretti voto su autorizzazione a procedere nei confronti di matteo salvini 7
Quello che comincia domani non è il processo a Matteo Salvini per il sequestro di persona in danno di 131 migranti trattenuti a bordo della nave Gregoretti tra il 27 e il 31 luglio 2019, bensì il prologo di un eventuale processo.
L' udienza preliminare davanti al giudice Nunzio Sarpietro, che non si concluderà sabato ma proseguirà nelle prossime settimane, serve proprio a stabilire se l' ex ministro dell' Interno, imputato di quel reato, debba essere rinviato a giudizio oppure no.
Il cadavere di una donna sulla nave Gregoretti
Lo deciderà il giudice al termine di un appuntamento del tutto particolare rispetto alla normale dialettica giudiziaria, giacché a chiedere di processare Salvini non è stata la Procura che sarà presente in aula, bensì un «tribunale dei ministri» che peraltro non esiste più; i tre magistrati che ne facevano parte, scaduto l' incarico biennale, sono stati sostituiti da altri tre.
SALVINI E IL VOTO SULL AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE PER IL CASO GREGORETTI - VIGNETTA ELLEKAPPA
Ma prima di andarsene hanno lasciato un' eredità pesante dal punto di vista politico, avallata dall' autorizzazione a procedere concessa dal Senato; a raccoglierla dovrebbe essere la Procura, che però ha già sostenuto che a suo parere non esistono gli estremi del reato contestato.
Secondo l' accusa, la mancata autorizzazione allo sbarco da parte dell' ex ministro provocò una «situazione di costrizione a bordo delle persone soccorse, con conseguente apprezzabile limitazione della libertà di movimento dei migranti», trattenuti in «condizione di disagio e sofferenza», nonostante dopo il soccorso l' Italia avesse «l' obbligo giuridico a rilasciare il Pos», vale a dire l' indicazione del luogo sicuro ( Place of safety ) dove accogliere i naufraghi.
La difesa di Salvini ribatte che, stando alle convenzioni internazionali, «un luogo sicuro potrebbe non essere necessariamente sulla terraferma»; anche la Gregoretti lo era, visto che ai migranti «furono garantiti» cure mediche e cibo: «Tre pasti al giorno preparati in ottime condizioni igienico-sanitarie».
L' istruttoria dei giudici per i reati ministeriali ha accertato come «non vi fossero ragioni tecniche ostative all' autorizzazione allo sbarco», ritardato solo dalla «volontà politica del senatore Salvini di chiedere ai partner europei una comune assunzione di responsabilità del problema della gestione dei flussi migratori, sollecitando una redistribuzione dei migranti sbarcati in Italia».
GIUSEPPE CONTE MATTEO SALVINI DECRETO SICUREZZA
Tuttavia quella volontà non era «incompatibile con il rispetto delle convenzioni internazionali vigenti», perché «le persone soccorse potevano tempestivamente essere sbarcate e avviate all' hotspot di prima accoglienza per l' identificazione, salvo poi essere smistate secondo gli accordi eventualmente raggiunti a livello europeo».
Replica l' ex ministro: diversi «rappresentanti del governo» si impegnarono in quei giorni per far seguire allo sbarco una «ricollocazione sul territorio europeo». Ne consegue che «la permanenza dei migranti a bordo della Gregoretti fosse giustificata dal legittimo svolgimento di una fase interna al procedimento di accoglienza dei cittadini di Paesi terzi nell' ambito dell' Unione Europea».
Migranti scendono dalla nave Gregoretti
Durante l' istruttoria condotta dal tribunale dei ministri, nessuno dei testimoni ascoltati «ha riferito informazioni sulla possibile presenza, tra i soggetti soccorsi, di persone pericolose per la sicurezza e l' ordine pubblico nazionale». Il che significa che la posizione del ministro non era dettata da «problemi di ordine pubblico in senso stretto».
La difesa di Salvini, invece, sostiene che dopo il salvataggio fu trovato uno zainetto con due dispositivi Gps per l' orientamento in mare, indizio di una «probabile presenza a bordo, tra i migranti, degli scafisti responsabili del traffico». Un sospetto che «imponeva la massima cautela nello sbarco».
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