Mario Ajello per il Messaggero
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Lo stupor mundi ha colpito ancora. E nell'area di centro, qualcuno non aspettava altro che questa ennesima svolta di Silvio Berlusconi. Il quale in chiave magnanimo padre nobile e novello federatore - anche se si federa meglio con una legge maggioritaria mentre lui ancora tifa proporzionale - per la prima volta apre davvero all'area di centro, a cui appena l'altro giorno Brunetta ancora sbarrava le porte in faccia. Di colpo, ma neanche tanto, i «traditori» non sono più «traditori»? «La priorità - è l'assist berlusconiano - è rilanciare il centrodestra vasto e inclusivo, che guarda a tutti coloro che sono parte della nostra storia».
Non solo non esistono più i «traditori», dunque, ma neanche gli ex e gli ostracismi e parole come quelle che il Cavaliere appena un mese fa dedicava ad Alfano, definendo «difficile» un'alleanza con lui e con i suoi? Il primo a rompere gli indugi, accogliendo entusiasticamente l'apertura di Berlusconi, che coincide (ma il re azzurro è «concavo e convesso» per sua stessa ammissione proverbiale) con una chiusura verso Renzi, è stato il ministro Costa.
Addirittura potrebbe dimettersi dal governo Gentiloni, già lo aveva minacciato in caso si fosse votato lo ius soli e per sensibilità garantista non aveva condiviso la riforma penale di Orlando e il codice anti-mafia, per andare subito a lavorare a quello che lui chiama «il ponte da ricostruire senza indugi». Ovvero: strappare con l'idea centrista di stare da soli (spiazzando così Alfano che ci sta lavorando pazientemente e vuole sapere in fretta se può ancora contare su Costa) e federarsi in qualche maniera, non come somma di sigle ma come incontro politico-culturale tra moderati, con Forza Italia senza la Lega.
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Esperimento già in corso in Sicilia per le regionali di autunno, primo test politico nazionale, dove l'area di Alfano e gli azzurri stanno cercando un comune candidato governatore.
LA FRATTURA
E pensare che si diceva che Costa - nonostante sia buon amico di Ghedini il quale è ascoltatissimo da Berlusconi - fosse filo-renziano. «Ma figuriamoci!», dice il ministro liberale, e carico di voti in Piemonte, che già viene attaccato dai renziani e la nuova spaccatura nel governo è evidente. «Sono allibito dalle parole di Costa», dice il sottosegretario Migliore, vicinissimo al segretario dem: «Un ministro di questo governo, senza essere smentito dal suo partito, già si vede come figliol prodigo del Cavaliere».
Il problema è che in questa condizione ci si sentono in tanti. Basta ascoltare i parlamentari di Ap - su cui per ora Berlusconi non vuole fare scouting, ma troverebbe terreno fertilissimo e non è detto che non lo farà prima di sedersi al tavolo della legge elettorale con Renzi dove vorrà essere pesante anche nei numeri - e sono discorsi spesso simili a questo che fa Costa: «Ho sempre creduto che un centrodestra unito, liberale e aperto è l'opzione migliore per vincere e per governare».
Niente corsa in solitaria («La testimonianza non serve, la bella figura elettorale senza una larga forza di governo sarebbe fine a se stessa», parola del ministro di Ap) e tantomeno un rapporto con il Pd: ecco il sentiment diffuso tra i moderati. Dove ci sono i pezzi grossi, in termini di voti sul territorio, che parlano come il senatore lucano Viceconte, un tempo vicinissimo a Silvio e sempre affezionato a lui: «La nostra storia non può che andare in direzione dell'incontro con il Cavaliere. Da là veniamo e quello siamo».
E aggiunge: «Non c'è stato nessun tradimento, abbiamo continuato anche dopo il governo Letta la linea che fu impostata da Berlusconi. Ma adesso si è esaurita la stagione della collaborazione con il Pd e con Renzi». Parole esplicite. E tutt'altro che isolate a proposito del progetto berlusconiano, che andrebbe in direzione di una sorta di nuovo Pdl in cui partecipano con la propria autonomia i vari centri aggregati (Fitto, che però fa distinguo, Parisi che a sua volta non vuole essere fagocitato, Tosi, Quagliariello e Augello e così via), Forza Italia, i movimenti civici, gli animalisti e tutto ciò che può essere compatibile. «Così possiamo arrivare al 40 per cento», assicura Berlusconi.
L'APPLAUSO
Il leader azzurro, nella sua nuova mossa, incassa gli applausi perfino di Salvini ormai più morbido nei confronti di Silvio: «Il suo no a un'alleanza con Renzi è una buona notizia». Ammesso, poi, che questo muro berlusconiano nei confronti del Pd abbia una sua coerenza pratica negli comportamenti parlamentari, dove finora l'aiutino azzurro a volte non è mancato.
Non è detto però che il simil-Pdl, se davvero quello sarà l'approdo, dia a Berlusconi la garanzia che a comandare sarà sempre lui e dia agli altri la certezza che il Cavaliere voglia limitarsi a fare il padre nobile e il regista. E dunque, l'eventuale reunion sarà tutt'altro che semplice.