Mara Gergolet per corriere.it - Estratti
Imperturbabile, mentre il governo e il mondo attorno a lui vanno a pezzi, Olaf Scholz sembra continuare il lavoro di sempre. Un presentatore tv l’ha paragonato a Bruce Wills nel thriller Sesto senso, dove il medico-psichiatra va a visitare il suo piccolo paziente ogni giorno, senza sapere di essere già morto. In realtà, per tutti i suoi detrattori, Olaf Scholz è fermo al suo posto, da dove sarà molto difficile scalzarlo.
Ma la domanda che agita l’Spd è proprio questa: siamo ancora in tempo a cambiare cavallo, a presentare un altro Kanzlerkandidat, che nei sogni di molti militanti Spd ha un nome preciso: Boris Pistorius, il ministro della Difesa, il politico più popolare in Germania?
Il direttore della Zeit, l’italo-tedesco Giovanni di Lorenzo, risponde così in un’intervista all’Ansa: «Il partito non può permettersi anche una lite aperta sul nome del candidato per sostituire in corsa Scholz: provocherebbe ulteriori, irreparabili danni». Di Lorenzo non crede che Scholz saprà risollevare l’entusiasmo, sebbene il suo entourage sia convinto che «l’avversario Friedrich Merz potrebbe commettere molti errori» per inesperienza: ma siamo, dice Di Lorenzo, «all’autosuggestione».
Un altro direttore, Gordon Repinski di Politico, si pronuncia così: 70 a 30 per Scholz su Pistorius, con quest’ultimo però in crescita. In realtà, il fuoco fatuo di un recupero di Scholz è durato la manciata di ore dopo la cacciata del ministro delle Finanze, il liberale Christian Lindner. Il tempo del lunghissimo applauso che gli hanno tributato i deputati Spd, quando si è presentato nella sala parlamentare: ma era un applauso di liberazione.
Già domenica sera in un’intervista tv, dopo 20 minuti Scholz ha indossato la maschera abituale: freddo, poco empatico e, dietro la puntigliosa competenza, per molti tedeschi arrogante. Si è poi scoperto che ha commesso altri errori di cattiva comunicazione. Come ci hanno detto dalla Cdu, non aveva avvertito nessuno che intendeva chiedere la fiducia il 15 gennaio, neanche il rivale Merz. E questo, nella politica concordata, leale in Germania — tra partiti di sistema — è imperdonabile. Da lì è stata una corsa a salvare le apparenze, e le buone usanze della democrazia parlamentare.
In realtà, Scholz controlla il partito: ha appena messo il fedelissimo Matthias Mirsch alla guida della macchina elettorale («Non vedo nessuno del partito che voglia cambiare qualcosa»). In basso però fremono. Due politici di Amburgo, la città di Scholz, gli hanno chiesto un passo indietro: «La sua immagine non può più essere riparata».
Boris Pistorius è per molti versi la nemesi di Scholz. Politico «locale», che ama stare tra la gente, genuinamente popolare tanto che va in vacanza in Easyjet, diretto, Pistorius ha avuto un cursus honorum che riecheggia quello di un grande leader Spd, Helmut Schmidt: sindaco (di Osnabrück), ministro dell’Interno regionale, ministro della Difesa.
Cancelliere? Molti commentatori dicono che lo spessore che quel ruolo richiede va oltre le sue eccellenti doti di politico. Mentre il tempo scorre, e ogni giorno in cui nessuno osa sfidarlo avvicina Scholz alla ricandidatura come una verità auto-evidente, su tutto incombe l’ombra di Biden. Se ai democratici Usa non è riuscito il cambio in corsa con Kamala Harris, perché all’Spd dovrebbe andare bene? E allora, nel mondo pragmatico e iper realista degli scholziani, meglio stare con il cancelliere e traghettare quel che si riesce nella nuova legislatura, possibilmente nella prossima grande coalizione.
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