Dagoreport
SPIFFERI DAL COLLE
Questo non era l’epilogo che si immaginava il Presidente. Pensava che, con la manovra economica, si potesse chiudere con il deficit al 2% e persino al 1,9%. E quando giovedì lo strappo si stava consumando, sono cominciati i contatti con i palazzi dell’esecutivo per blindare il ministro Tria.
Il gong è suonato quando Di Maio dichiarava che, se si fosse dimesso Tria, l’incarico di ministro dell’Economia sarebbe andato ad interim a Giuseppe Conte. E questa ipotesi, per il Colle, sarebbe stata impossibile da evitare, con risultati catastrofici a via XX Settembre, sancendo praticamente la vittoria di Casalino. Anche se i consiglieri del Presidente erano pronti a giocare la carta di riserva: far dimettere anche Moavero Milanesi.
Con due ministri importanti dimissionari la crisi sarebbe stata inevitabile. Ma l’eccessiva prudenza di Mattarella (non è Napolitano) assieme alle perplessità della Farnesina (a novembre conferenza internazionale sulla Libia a Roma, con una crisi di governo sarebbe stata una figuraccia) e alle perplessità di Francoforte (il downgrading di Moody’s e Standard & Poors con una crisi di governo) hanno portato al pressing su Tria per non farlo dimettere.
SPIFFERI DA XX SETTEMBRE
Giovanni Tria si è chiuso in se stesso e persino i suoi collaboratori più stretti stentano a capire cosa ha in testa. Certamente ha acconsentito suo malgrado alle sollecitazioni del Colle senza abbandonare la voglia di dimettersi. Oggi in Lussemburgo incontrerà i suoi colleghi dell’Ecofin, ad alcuni dei quali aveva garantito che non si sarebbe discostato dall’1,9% E lì l’accoglienza che riceverà sarà la cifra di un suo possibile ripensamento per difendere la sua dignità e credibilità, se non subito nei prossimi mesi. Ulteriori chiarimenti saranno necessari sia con il suo mentore Savona che con il Colle.
LUIGI DI MAIO GIOVANNI TRIA GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO GIOVANNI TRIA GIUSEPPE CONTE giovanni tria 5