Estratto dell’articolo di Valentina Conte per “la Repubblica”
raffaele fitto presenta le modifiche al pnrr 2
L’Italia ha speso fin qui 28,1 miliardi dei fondi Pnrr, il 14,7% appena del totale assegnato al Paese. Spicca il ritardo accumulato quest’anno, con app ena 2,5 miliardi spesi: il 7% di quanto programmato. A fare il quadro, aggiornato al 26 novembre, è l’Ufficio parlamentare di bilancio, l’authority dei conti pubblici.
Il problema non sono le gare deserte o annullate, appena lo 0,54% di quelle fatte. E neanche il massimo ribasso (15%) in linea con altri appalti pubblici. Un terzo dei ritardi si accumula nella fase di progettazione esecutiva e poi nell’assegnazione dei progetti alle imprese, «un vero collo di bottiglia».
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Se si escludono le agevolazioni fiscali e gli incentivi, i progetti avviati sono 231.140 per 66,4 miliardi. Ma quelli conclusi sono solo il 6%, pari a 14.631: il 9% al Nord, il 5,3% al Centro e il 5% al Sud. Il Mezzogiorno è l’area più in ritardo con la spesa, con le gare avviate e con quelle aggiudicate. Ma nella ripartizione dei progetti assegnati, segnala Upb, «riceve una quota comparabile con il Nord e pari al 38%».
Ancora da spendere rimangono ben 163,4 miliardi. Per la sanità ad esempio ci sono ancora 15,5 miliardi che farebbero un gran bene a un settore messo in ginocchio dalla pandemia, dall’esplosione delle liste di attesa e dal sovraccarico di lavoro che ha portato i sanitari a scioperare martedì. Eppure proprio la sanità è il capitolo in cui si è speso meno: appena l’1%. I due terzi delle risorse del Pnrr – che Upb calcola ancora in 191,5 miliardi, diventati 194,4 miliardi dopo la revisione operata dal governo Meloni e appena approvata dall’Ue – sono stati tutti assegnati.
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«È stato deciso cosa fare, ma il tasso di pagamento dei lavori è basso», osserva Upb. I progetti ci sono, i soldi pure, ma non arrivano a terra. E questo non può non essere un problema per un esecutivo che ha legato gran parte della crescita del prossimo anno (+1,2%) alla spinta del Pnrr.
E invece, nota Upb, la rimodulazione voluta da Palazzo Chigi e approvata dalla Commissione Ue il 24 novembre sposta sugli ultimi due anni molti progetti e anche risorse. Le due rate del 2024 – la quinta e la sesta – ad esempio sono più basse di 11 miliardi, finiti tutti sulla decima rata, l’ultima del 2026. Ebbene questo “buco” dovrà essere colmato, o meglio anticipato “via cassa”, attingendo – scrive Upb – al Fondo sviluppo e coesione e al Piano nazionale complementare del Pnrr. [...]
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