Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
Sulla legge di Stabilità le Camere e i partiti hanno striminziti margini di manovra. Ai parlamentari il ministro dell'Economia ha concesso appena 600 milioni per i loro emendamenti, e per quanto sia «la dote più bassa nella storia repubblicana» - come spiega il sottosegretario Tabacci - se li dovranno far bastare.
Sui super-bonus per l'edilizia c'è già un'intesa tra le forze politiche per allargare un po' le maglie che Draghi aveva stretto. Sui restanti temi, i più spinosi, il premier porrà fine a ogni discussione ricorrendo alla fiducia. Se così stanno le cose, si capisce che la proposta di un «tavolo sulla Finanziaria» lanciata da Letta è solo una (piccola) foglia di fico dietro la quale discutere di Quirinale.
mario draghi conferenza stampa conclusiva del g20 3
Altrimenti non si spiegherebbe come mai anche la Meloni, che sta all'opposizione, si è detta disponibile a partecipare. Dopo la sortita di Mattarella, che ha messo in difficoltà il Nazareno nella corsa per il Colle, il segretario del Pd ha dovuto fare di necessità virtù. E per uscire dall'angolo è stato costretto ad aprire i giochi, nella consapevolezza che - per dirla con un dirigente dem - «il partito non reggerebbe una sconfitta sulla presidenza della Repubblica».
matteo salvini e giorgia meloni incontrano silvio berlusconi nella sua villa a roma 11
Il tavolo, riconoscono fonti del Carroccio, servirà «per iniziare ad annusarsi», sebbene il leghista Capitano ne gradirebbe uno «anche sulle nomine Rai», dove invece «il Pd punta ad occupare direzioni di reti e di tg grazie all'ad Fuortes, che incontra i loro ministri alle feste di compleanno». Un messaggio per far capire che il pacchetto dell'accordo, semmai si realizzasse, non potrebbe limitarsi al Quirinale.
Ma è evidente quale sarebbe il piatto forte, che poi era quanto il titolare della Difesa Guerini aveva spiegato ad alcuni deputati di Base riformista: «Se si vorrà tenere unito il Parlamento, prima o poi i segretari dei partiti dovranno vedersi». Il momento è arrivato, più prima che poi, anche perché sarebbe stato impossibile tenere il coperchio sopra il pentolone ancora per due mesi, come sosteneva Letta: le manovre già in atto avrebbero potuto sopraffarlo.
Ora, è vero che i leader non si sono nemmeno seduti al desco, ma è altrettanto vero che se si dovessero alzare con un patto, sarebbe sull'unico nome capace di tenere insieme l'attuale maggioranza e FdI: Draghi.
E «il treno di Draghi è già partito», avvisano all'unisono uno dei maggiori esponenti del governo e un rappresentante delle istituzioni in Parlamento. L'unità nazionale sul nome del premier consentirebbe di affrontare senza patemi il voto segreto: d'altronde - come ricorda un autorevole ministro - «anche Ciampi ebbe contro 120 franchi tiratori».
Al tavolo di Letta il menù è fisso e rischia di essere indigesto al centrodestra. Se il candidato fosse Draghi, chi tra Salvini e Meloni s' incaricherebbe di spiegare a Berlusconi che deve smettere di sognare a occhi aperti? Che poi il suo sogno sta diventando un incubo per il segretario del Pd, dato che il Cavaliere è arrivato a bussargli a casa per avere i voti, grazie (anche) al lavoro degli amici di una vita.
A parte Dell'Utri, che dopo il rendez vous con Renzi ha detto a Berlusconi «di lui ti puoi fidare», anche Galliani si è mostrato ottimista: «Dopo Milano 2, Mediaset, il Milan e Forza Italia, che sarà mai la presidenza della Repubblica? Una passeggiata di salute». E Confalonieri, che sta facendo il suo, al termine di un colloquio ha salutato l'ospite con un inequivoco commento: «Silvio continua a stupire. Chi l'avrebbe immaginato un anno fa?». Da un paio di settimane nel Pd non c'è più voglia di scherzare sull'argomento.
marta cartabia foto di bacco (2)
Nei capannelli in Transatlantico Fiano è arrivato a prospettare la contromossa: «Se il centrodestra annunciasse il voto per Berlusconi, potremmo disertare quella chiama. Come loro fecero quando noi candidammo Prodi. Così vedremmo se hanno i voti». In realtà l'escamotage servirebbe per impedire a Iv e a una decina di parlamentari dem di sostenere il Cavaliere a scrutinio segreto.
Tanto basta per capire che Letta non poteva più star fermo. Il menù fisso dovrebbe poi condurre verso un gabinetto tecnico con Cartabia a palazzo Chigi e Franco all'Economia. Ma il rischio del voto anticipato non sarebbe del tutto scongiurato, perciò la proposta non piace ai grillini «tendenza Di Maio».
La tesi che «un qualsiasi altro governo dopo due mesi non avrebbe più padri» è sostenuta da quanti - oltre il ministro degli Esteri - osteggiano la soluzione. È un fronte trasversale di cui fanno parte pezzi di Pd, Renzi e Berlusconi. È lo scontro tra «draghisti» e «bipolaristi», che mirano a regolare i conti nei loro partiti e nelle coalizioni, sbarazzandosi definitivamente del centro.