Carmelo Lopapa per la Repubblica
Nel giorno in cui la legge elettorale plana sull' aula deserta di Montecitorio - dove tutti i giochi sembrano ormai fatti anche se solo da oggi partiranno le votazioni - il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano si lancia in una requisitoria di inattesa veemenza contro la corsa al voto decisa «dai quattro leader ».
GRILLO SALVINI RENZI BERLUSCONI
Li apostrofa così, Renzi, Grillo, Berlusconi e Salvini, artefici del patto e dell' accelerazione sulla riforma, accusati perciò di gettare l' Italia nella «instabilità», dato che «in tutti i paesi democratici europei si vota alla scadenza naturale: fare diversamente significa dare il massimo contributo negativo al consolidamento della credibilità politico-istituzionale del paese».
Una scossa che si propaga nelle stesse ore in cui da Taranto Beppe Grillo a sorpresa sembra quasi prendere le distanze dal patto. «Stiamo facendo una legge elettorale che non capisce più nessuno, neanche voi riuscite a capire quando dovete mettere otto croci su cinque sei cose che non capite», dice rivolto agli operai dell' Ilva. Parole che rimbalzano subito alla Camera, dove è in corso la discussione generale e dove sono stati depositati poco più di duecento emendamenti alla legge che da stamattina saranno messi ai voti, in vista del sì finale entro venerdì.
Dal quartier generale renziano parte l' avvertimento: «Da irresponsabili mettere a rischio il cammino, l' accordo regge solo se nessuno si sfila», dichiara Lorenzo Guerini, coordinatore dem. Pochi minuti e Grillo via Facebook e poi dal Tg2 corregge il tiro: «Abbiamo messo la faccia sulla legge elettorale perché non potevamo lasciare che Pd e Forza Italia scrivessero le regole del gioco a loro uso e consumo, ma siamo soddisfatti, andiamo avanti». Anche perchè su questo piano il Quirinale fa sapere che se l' intesa regge portando in porto la legge elettorale, allora è possibile anche andare alle urne a settembre per consentire al futuro nuovo governo di approvare la legge di Stabilità.
Tuttavia è il monito di Napolitano sul voto a essere destinato a lasciare il segno. Anche perché segue quelli di altri padri nobili dell' Ulivo. Ieri è tornato a farsi sentire Prodi: «Il voto anticipato è un vulnus, ma da cattolico credo nei miracoli..» Lo avevano già fatto Veltroni, Rosi Bindi, ed Enrico Letta, che ieri si è rilanciato contro «i capricci di uno che vuole tornare a fare il premier il prima possibile».
letta bindi prodi veltroni adinolfi
Fischiano le orecchie di Matteo Renzi. L' ex inquilino del Colle parla in generale dei "quattro leader", nel suo intervento a un convegno sui temi europei a Palazzo Giustiniani. Ma il segretario dem - col quale c' è stato un tempo del dialogo - adesso è messo alla stregua degli altri nelle 8 pagine meditate per giorni da Napolitano. Già «dopo l' insediamento del governo Gentiloni, da febbraio - ricorda - hanno cominciato a inseguirsi voci e pressioni per elezioni al più presto».
giorgio napolitano pietro grasso
Tranchant quando lascia il testo e parla a braccio: «Spero che il passaggio al Senato non sia a volo d' uccello...». «Pensavamo di averne visti di tutti i colori, ma ora ci sono colori nuovi», dice con amara ironia. L' ultimo affondo lo legge: «Potevano risparmiarci il gran galoppo del Parlamento nel fine settimana, pur di premere per andare al voto a settembre, con quale profitto è molto difficile dirlo».
Non tutto però è deciso, lascia intendere chiamando in causa anche il suo successore: «Si dovrà pronunciare il Parlamento e per le verifiche di costituzionalità il presidente della Repubblica e la Consulta. Vedremo che sarà di questa nuova grande impresa di quattro leader che calcolano esattamente le proprie convenienze ». Applausi rompono il silenzio, il presidente del Senato Pietro Grasso in prima fila.