Estratto dell’articolo di Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”
Un anniversario particolare: il 23 ottobre 1983 attentatori suicidi a bordo di camion bomba attaccano la base americana e quella francese a Beirut, parte di una forza multinazionale che comprendeva anche gli italiani. Quasi 300 i morti.
La strage, ispirata dall’Iran, è compiuta da terroristi sciiti, l’avanguardia di quello che poi diventerà l’Hezbollah, il principale alleato di Teheran in Medio Oriente. L’attentato è uno spartiacque. Dimostra cosa può fare un gruppo, introduce una tecnica quasi sconosciuta, colpisce al cuore due grandi potenze.
Il ricordo di quei giorni ci porta all’attualità. Cruda come allora, con molti interrogativi sulle possibili mosse dell’Iran. Teheran ha fornito ad Hamas armi, istruzioni, sostegno diplomatico. Ne ha appoggiato la crescita in nome della solidarietà alla Palestina e per fare guerra a Israele ma l’ha anche usata per la sfida regionale sabotando ogni forma di dialogo. La Repubblica islamica si è preparata in chiave offensiva e difensiva.
Missili, droni-kamikaze, operazioni clandestine. Gli ayatollah hanno sviluppato sistemi d’ogni tipo, in particolare a lungo raggio, e li ha piazzati, in parte, all’interno di tunnel, per sottrarli a un eventuale strike preventivo. Così sono in grado di portare una minaccia seria, incidere sul traffico navale lungo rotte commerciali e hanno una risorsa per sostenere una crisi prolungata.
Il secondo passo è stato quello di consegnare a formazioni amiche gli equipaggiamenti necessari per combattere nelle crisi locali: ancora droni, razzi, esplosivi spediti attraverso il coordinamento della Divisione Qods, l’apparato riservato dei pasdaran. I guardiani addestrano, consigliano, garantiscono intelligence, facilitano la collaborazione.
Perché queste armi ricoprono una seconda funzione strategica in caso di conflitto diretto con lo Stato ebraico. Infatti, il primo a beneficiarne è stato l’Hezbollah libanese, disciplinato, organizzato. «Confina» con Israele, le cui città sono ampiamente nel raggio dei suoi vettori, con rampe mimetizzate e sistemi più precisi grazie all’inserimento di kit forniti dagli iraniani. Secondo gli esperti sono decine di migliaia i «pezzi» nelle mani del Partito di Dio.
L’Hezbollah, inoltre, può ricorrere a missioni coperte, passando al terrorismo in questo teatro oppure all’arena internazionale. Da anni ha elementi «in sonno» all’estero che raccolgono dati su bersagli, reclutano spie.
Gli attentati sono strumento bellico ma anche forma di ricatto verso i paesi occidentali. Sempre in Libano esistono nuclei di Hamas, della Jihad e di fazioni minori che, al momento opportuno, rispondono alla chiamata o agiscono in modo autonomo.
La Siria Il terzo fronte è sull’asse Siria-Iraq. Da molto tempo, con il placet del regime, sono attive unità di Hezbollah e palestinesi vicino al Golan, le alture occupate da Israele. Segnalati di recente spostamenti di ufficiali dei pasdaran, molti i depositi di materiale spesso distrutti dai raid aerei israeliani.
Damasco è sempre stata il letto caldo dei militanti, in un sobborgo venne ucciso dal Mossad nel 2008 Imad Mughnyeh, mente militare dell’Hezbollah, divenuto un protagonista assoluto. Nel territorio siriano sono presenti alcune basi americane (nord est e sud), con pochi uomini: sono già state bersagliate, c’è il rischio che accada ancora. […]
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