Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"
Convinto che l'establishment politico e la globalizzazione abbiano fallito e che sia venuto il momento di smantellare le istituzioni federali, Peter Thiel, il miliardario arciconservatore della Silicon Valley che fu un grande supporter di Donald Trump nel 2016, ma nel 2020 rimase nelle retrovie, deluso dal modo di governare del presidente repubblicano, è tornato: dall'autunno scorso anima riunioni pubbliche e private nelle quali trasferisce alla politica la sua filosofia della disruption professata come imprenditore della Silicon Valley.
Venture capitalist della tecnologia, ma con una formazione universitaria storica e filosofica, Thiel, che nel suo celebre saggio Zero to One (tre milioni di copie vendute) sostiene che bisogna avere una fiducia cieca nella tecnologia, dare tutto il potere alle start up e agli imprenditori innovativi e accettare i monopoli (secondo lui la concorrenza nell'hi-tech è uno spreco di risorse), ora sta dedicando gran parte del suo tempo e delle sue sterminate risorse alla politica.
Il modo in cui si muove fa luce (una luce sinistra) su quello che sta avvenendo nel fronte conservatore. Non solo il ritorno di Trump e la cacciata dei parlamentari repubblicani che si sono rifiutati di considerare illegittima l'elezione di Biden: spendendo decine di milioni di dollari per sostenere quattro candidature al Senato e 12 alla Camera, Thiel - ormai il maggior finanziatore della campagna repubblicana insieme a Ken Griffin di Citadel - non si limita ad aiutare l'ex presidente a compiere la sua vendetta.
Cerca soprattutto di rimpiazzare parlamentari conservatori che rispettano i meccanismi della rappresentanza politica con ultrà decisi a scardinare il sistema parlamentare democratico.
Un obiettivo che traspare dai discorsi politici che ha tenuto a porte chiuse, ma anche da affermazioni pubbliche come: «Il mio pensiero, apocalittico ma anche pieno di speranza è che siamo finalmente arrivati a una punto di rottura della nostra situazione».
Mentre la disapprovazione per la scelta dei suoi colleghi, gli imprenditori delle reti sociali, di cominciare (tardivamente) a ostacolare la diffusione di palesi falsità e di narrative fatte di oscuri complotti, trapela dal suo «meglio le teorie cospirative dei QAnon e del Pizzagate (i leader democratici accusati di essere pedofili che violentano bambini nel retrobottega di una pizzeria di Washington, ndr) che un Ministero della Verità».
Contrario a ogni tipo di regolamentazione, convinto che il progresso tecnologico vada perseguito senza sosta e senza preoccuparsi di eventuali costi e pericoli per la società, Thiel è un ultralibertario seguace di Ayn Rand che flirta anche coi gruppi dell'alt-right e non fa fatica, ad esempio, a sostenere che il regime sudafricano dell'apartheid (che lui non appoggiava) era quello economicamente più efficiente.
Del resto è dal 2009 che Thiel afferma di non credere più che libertà e democrazia siano compatibili. Nel 2016, chiamato nel team della transizione che preparava il nuovo governo dopo l'elezione di Trump, Thiel propose interventi di disarticolazione dell'Amministrazione e scelte di uomini di estrema destra che spaventarono perfino Steve Bannon, allora mefistofelico braccio destro del neopresidente.
Oggi, abbandonato al suo destino Mark Zuckerberg del quale è stato il mentore fin dal lontano 2005 (ha lasciato il board di Meta-Facebook, pur rimanendo azionista della compagnia), l'imprenditore delle tecnologie ultrasegrete di Palantir (da lui fornite a Cia e Pentagono), massimo custode del cosiddetto «capitalismo della sorveglianza» grazie al controllo di tecnologie penetranti come quella del riconoscimento facciale, è pronto a una full immersion in politica.
I suoi alfieri sono due suoi ex dipendenti: il gestore di fondi e autore di Elegia Americana J. D. Vance candidato a un seggio senatoriale in Ohio e l'ex direttore generale delle sue aziende (e coautore di Zero to One) Blake Masters che punta a diventare senatore dell'Arizona.
Ma Thiel scommette anche su Ted Cruz, senatore «sfasciacarrozze» del Texas, sul leader dei repubblicani alla Camera Kevin McCarthy e sui candidati che cercano di defenestrare i deputati repubblicani che hanno votato a favore dell'impeachment di Donald Trump.
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