Lorenzo De Cicco per "la Repubblica"
MARCO TRAVAGLIO E GIUSEPPE CONTE
Nel M5S c'è chi lo chiama "il patto della Barchetta", dal nome del ristorante, la Barchetta appunto, trattoria chic a due passi da Castel Sant' Angelo, Roma centro, molto frequentata da imprenditori e politici. Soprattutto di segno stellato (ci andava Luca Lanzalone, prima dell'arresto). La scorsa settimana, attovagliati in una saletta, ma notati dagli altri clienti, Giuseppe Conte, Alessandro Di Battista e Marco Travaglio, insieme ad altri 4-5 esponenti del Movimento, tutti insieme dopo lo spettacolo del direttore del Fatto sul "Conticidio".
Non solo una rimpatriata. Si è parlato di politica. L'ex premier vorrebbe reingaggiare Dibba, il quale - lo ha raccontato in tv - per ora declina l'offerta, per ragioni di alleanze. Non digerisce l'asse giallorosso. Vorrebbe un ritorno al Movimento delle origini: corsa solitaria alle politiche del 2023, 5 Stelle contro tutti, mani libere. Una tentazione valutata dai parlamentari vicini all'ex premier, anche se Conte per ora non si sbilancia.
Enrico Letta corteggia i grillini: «Il lavoro portato avanti con il M5S nel governo Conte 2 continua col governo Draghi. E continuerà dopo», ha detto lunedì riunendo i vertici del partito al Nazareno. Il segretario dem è convinto, o almeno così fa intendere, che l'alleanza sia blindata, un «cemento sviluppato nelle prove dure della pandemia, che dura e durerà». Alla tavolata della Barchetta questo legante sembrava molto meno compatto e resistente.
MARCO TRAVAGLIO E GIUSEPPE CONTE
Di questa cena, nelle chat del Movimento, si discute da giorni. C'è chi dice: Giuseppe non ha ancora deciso, proverà a tenere insieme la coalizione col Pd. Altri la pensano all'opposto: è pronto a sganciarsi, per rifondare il 5 Stelle, in chiave movimentista. Più di lotta che di governo. «Come ha fatto Meloni col centrodestra». Alcuni indizi sembrano avvalorare questo secondo scenario. Il primo: il post sull'Ucraina pubblicato ieri da Di Battista.
Oltre alla posizione filo-russa, l'affondo a mezzo Facebook ha preso di mira in particolare Enrico Letta. Le dichiarazioni del leader dem sono state giudicate «incommentabili» dall'ex deputato 5S. E il Pd viene bollato come «un partito che ha avallato tutte le guerre di invasione mascherate da missione di pace. Guerre sporche ma narrate come fossero umanitarie». Il secondo indizio è un editoriale pubblicato, sempre ieri, dal Fatto, firmato da Travaglio.
Titolo: «Non c'è campo», quello largo immaginato da Letta. L'articolo dà per probabile un ritorno al proporzionale e contiene un consiglio per Conte: «Il M5S, come FdI, guadagna voti quando è solo contro tutti e li perde quando si avvicina troppo agli altri». Due indizi forse non fanno una prova, ma agitano le acque in quel pezzo di Movimento che invece l'asse con i democratici vorrebbe cementarlo. Eccome. Dallo staff di Conte minimizzano: la Barchetta? Solo un dopo cena. L'incontro con Di Battista? Casuale, c'erano anche altre persone. Si è parlato di politica, ma «solo qualche battuta».
Ed era presente la compagna del presidente, viene fatto notare, per rimarcare l'informalità del simposio. Chi ha ascolta to queste «battute » però un'idea se l'è fatta: si è parlato di un M5S meno dipendente dal Pd. In ogni caso, c'è sempre la bega legale della leadership da sistemare, prima di pensare agli equilibri elettorali: tra una settimana, il Tribunale di Napoli si esprimerà sull'istanza degli avvocati di Conte per scongelare i vertici stellati dopo la sospensione. L'ex premier confida nei giudici per tornare presidente con pieni poteri. Anche sulle alleanze.