Mario Gerevini per "il Corriere della Sera"
Oltre due anni di riserbo, quasi assoluto. Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Siegfried Maron, accusati da Margherita Agnelli de Pahlen di essere stati i gestori del patrimonio del padre (anche di un presunto «tesoro» occulto), si sono difesi con memorie giudiziarie di cui non è mai trapelato nulla. E la madre, Marella, chiamata in causa, ha risposto nello stesso modo, con atti legali.
GIANLUIGI GABETTI - copyright PizziLì dentro, in quelle pagine durissime, talvolta amare e ironiche, c'è l'altra verità sull 'affaire Agnelli, quella che finora non è andata sui giornali. Sono le memorie conclusive di Gabetti, Grande Stevens, Maron e Marella Agnelli, consegnate al Tribunale di Torino a fine giugno (della memoria di Margherita si è dato conto ieri). Il Corriere ne è venuto in possesso. Ecco il contenuto.
Gianluigi Gabetti
Delle quattro memorie è decisamente la più argomentata anche perché il manager, che dal 1972 è al fianco della famiglia Agnelli, è l'obiettivo numero uno di Margherita che lo considera il «grande vecchio» depositario di mille segreti. L'incipit di Gabetti è polemico. «Dopo oltre due anni dall'inizio del procedimento e quasi 200 pagine di scritti di controparte, circa 50 documenti prodotti e decine di interviste a giornali di ogni parte del mondo e trasmissioni televisive, con apparizioni dei suoi legali, cosa si scopre?
Che il famoso 'mandato' al dott. Gabetti, origine di tante assurde pretese quanto ingiuste illazioni, non può essere prodotto in giudizio da Margherita de Pahlen, perché - sorpresa - sarebbe 'verbale' (sic!)». Un incarico verbale' (citazione dagli atti di Margherita) per gestire un patrimonio così complesso e rilevante? La risposta è implicita. E dunque quelle di Margherita sono pure deduzioni.
«La verità - sostiene Gabetti - è che l'Avvocato gestiva personalmente tutti i beni». E la richiesta di Margherita di ottenere un «rendiconto con ordinanza » è «inammissibile». Ma «giacché si è arrivati - si legge nella memoria - al redde rationem processuale» Gabetti «intende soffermarsi su ogni singolo fatto denunziato » .
Alkyone e la lettera
Per esempio Alkyone, la fondazione di Vaduz (Liechtenstein) che custodiva buona parte del patrimonio dell'Avvocato. Gabetti con Grande Stevens e Maron aveva il ruolo di protector (garante). Una prova, per Margherita, che i beni del padre erano sotto le loro cure.
Il manager afferma di «aver mai dato alcuna istruzione ... a nessuno » e che questo Margherita lo sa. Grande Stevens e Maron scrivono nelle rispettive memorie di non aver mai nemmeno saputo della loro nomina a protector. E qui spunta una lettera (consegnata da Gabetti al giudice) in cui la signora de Pahlen l'8 marzo 2004 dichiara «di non aver pretesa di qualunque natura ... nei confronti degli organi, impiegati o mandatari della Fondazione Alkyone».
L'Opa su Exor del 1999 è stata «essenziale - scrivono i legali di Margherita in un atto giudiziario - nella costituzione della fortuna off-shore di Giovanni Agnelli» e solo Gabetti e Grande Stevens sanno chi sono «gli azionisti sconosciuti» che hanno incassato i soldi dell'Opa. Gabetti, che era amministratore delegato di Exor, ha gioco facile: «Se le azioni sono al portatore i titolari sono ignoti in primis alla società e ai suoi organi » .
Marella AgnelliLe «mance» a Margherita
C'è poi il lato privato delle dinamiche Gabetti-famiglia Agnelli. La figlia dell'ex presidente Fiat ha sostenuto che il padre avrebbe affidato al manager anche il compito «di amministrare la gestione ordinaria della propria famiglia». Replica degli avvocati di Gabetti: «Mai curato le esigenze amministrative di Donna Marella Caracciolo».
Quanto alle «necessità amministrative » dei figli, «Gabetti si prestò talora a ragionare con Margherita di quanto questa avesse bisogno e poi ... formulava una richiesta - in via amichevole - a Marella Caracciolo e/o al consorte. Quanto poi i genitori versassero alla figlia ... il dott. Gabetti non sa... Ogni appoggio di Gabetti alle richieste della figlia dell'Avvocato è comunque terminato nel lontano 1998». Le somme «accreditate ai figli provenivano da disponibilità liquide del Senatore Agnelli».
La sintesi finale è in questa frase: «L'essere stato vicino per tanti anni all'avv. Agnelli e la naturale conoscenza, mai negata, di tanti fatti, per lo più squisitamente professionali e societari, nulla ha a che vedere con un'attività di gestione di beni personali, di cui il dott. Gabetti mai ha avuto mandato né disponibilità».
Marella Agnelli
La madre di Margherita non ammette dubbi sulla correttezza contabile e fiscale del marito, parla di «supposizioni prive di fondamento e di riscontro, irrilevanti ai fini della causa». E «deplora con profonda amarezza le illazioni che la figlia ha voluto affacciare nei confronti del genitore». Quanto alle ipotesi sull'intestazione fiduciaria della casa di St Moritz, vengono esibiti documenti da cui risulta che «gli immobili sono stati acquistati personalmente da Marella Agnelli a partire dal 1977» e che «la decisione di spostare la residenza dall'Italia alla Svizzera ... risale al lontano 1970».
Franzo Grande Stevens
I fondi neri Fiat anni '90 sono una delle piste inseguite da Margherita alla ricerca del presunto patrimonio nascosto. Anche per questo ha deciso di pagare le spese legali di un ex dirigente Fiat che ha ritrattato le antiche dichiarazioni, in nome della verità (dice lui), chiamando in causa (ma vi è una richiesta di archiviazione) l'ex capo dell'ufficio legale Fiat.
Da qui parte l'attacco di Grande Stevens, difeso anche dal genero Andrea Gandini, figlio proprio dell'ex capo del legale Fiat. «Si apprende - si legge in apertura della memoria- che con devoto affetto filiale l'attrice... ha cercato, a sue spese e con sua sollecitazione, di insinuare il sospetto che alla Fiat vi fossero fondi neri a conoscenza ed uso di suo padre! (Per riceverne una parte?)».
Per il resto anche Grande Stevens sottolinea come non vi sia «alcun documento che provi l'esistenza di un mandato di gestione » e ironizza sul fatto che potesse essere verbale, «come se si trattasse di bagatelle».
Siegfried Maron
Anche lo svizzero va giù duro sulla questione del «mandato verbale» a gestire i beni dell'Avvocato. «È del tutto inverosimile, per non dire surreale che un mandato estremamente esteso» come quello ipotizzato da Margherita «abbia potuto essere conferito solo verbalmente». Per provare il mandato verbale, da cui poi discenderebbe l'azione di rendiconto sui beni del padre, occorrono molte prove e testimonianze che Margherita si è vista respingere dal giudice. Oggi per lei la strada è molto in salita.