Dalla rubrica delle lettere del “Corriere della Sera”
Caro Aldo, penso che Biden avrebbe dovuto dare le dimissioni dopo le prime gaffe, dandole ieri, dopo i numerosi vuoti di memoria, ha dato un vantaggio enorme a Trump.
Kamala Harris non ha un grande prestigio nell’opinione pubblica americana.
Se Biden non fosse stato titubante nel dimettersi forse il candidato democratico sarebbe stato un altro ed anche più apprezzato e seguito. Lei cosa prevede?
Annibale Antonelli
il primo discorso di kamala harris dopo il passo indietro di joe biden 1
Risposta di Aldo Cazzullo
Caro Annibale, i democratici sono andati a cacciarsi nella tempesta perfetta. Trump sopravvive a un attentato e attribuisce il merito a Dio, che l’ha incaricato di rendere di nuovo grande l’America. Biden è costretto a ritirare la sua candidatura per manifesta incapacità, aprendo la ridda delle accuse: perché ha mentito finora? Perché resta al suo posto anziché dimettersi?
i meme di kamala harris e l albero di cocco 4
A cento giorni dalle elezioni, Trump sta facendo campagna da solo: i democratici non hanno ancora un candidato. Se il criterio con cui è stato fatto fuori Biden è che non era il candidato migliore per battere Trump, lo stesso vale per Kamala Harris; la quale però ha già l’appoggio dei Clinton, dello stesso Biden, e da ieri pure di Nancy Pelosi. Insomma, all’apparenza è tutto già deciso.
Eppure, gentile signor Antonelli, non credo che Donald Trump sia imbattibile. Almeno in teoria. Certo, resta il grande favorito. Non si può fare un paragone con Marine Le Pen, di cui ci eravamo detti che non avrebbe avuto la maggioranza assoluta e non avrebbe governato la Francia, anche per la manifesta inadeguatezza di molti suoi candidati.
Prima del voto qualche sito mi ha preso in giro per questo, ovviamente senza avere poi l’onestà intellettuale di riconoscere le ragioni e i torti; ma non era una previsione difficile, basta conoscere un poco la Francia, sapere quello di cui si parla, e non confondere le previsioni con i propri auspici o i propri pregiudizi ideologici. Il voto americano è più complesso.
KAMALA HARRIS - ILLUSTRAZIONE DI SLATE
Tutto si gioca in cinque, sei Stati. Nel 2016 Trump vinse tutti gli Stati in bilico, per qualche decina di migliaia di voti, pur avendo preso nel complesso quasi tre milioni di suffragi meno di Hillary; il che nel sistema Usa non significa assolutamente nulla (anche Gore nel 2000 ebbe oltre mezzo milione di voti più di Bush; l’unico repubblicano ad aver vinto il voto popolare in questo secolo fu lo stesso Bush nel 2004 contro Kerry).
Per molti americani, in particolare tra le nuove generazioni, Trump non è il nuovo che avanza; è un vecchio arnese, già sperimentato. La fase da pacificatore è durata una settimana; al primo comizio ha già accostato la Harris a una cimice, Nancy Pelosi a un cane, e di entrambe ha detto che sono pazze.
Mi sbaglierò; ma non sono certo che tutti gli americani vogliano altri quattro anni così. Se i democratici fossero in grado di presentare un volto nuovo, che non minacci follie tipo disarmare la polizia, spalancare le frontiere all’immigrazione, tassare ancora di più i ceti medi, ma al contrario si presentasse come un protettore della middle class, potrebbero ancora vincere. Ho molti dubbi che quel volto nuovo sia Kamala Harris. Ma è già stato così complicato costringere Biden a ritirarsi, che farlo pure con la sua vice rischia di risultare ormai impossibile.