Estratto dell’articolo di Paolo Mastrolilli per www.repubblica.it
JOE BIDEN GIORGIA MELONI - G7 HIROSHIMA
Il Dipartimento di Stato invita Roma a rivedere la sua partecipazione alla nuova Via della Seta, dicendo a Repubblica di essere "fiducioso che il governo italiano sia pienamente consapevole delle preoccupazioni degli Stati Uniti riguardo ad alcune azioni della Repubblica popolare".
Si tira fuori invece dalla questione degli aiuti alla Tunisia, sollecitando a cercare le risposte dal Fondo monetario internazionale, dove però fonti autorevoli spiegano al nostro giornale che "al momento non ci sono passi nuovi concreti per portare all'approvazione dell'Executive Board la Extended Fund Facility", ossia l'assistenza finalizzata ad evitare il collasso economico del Paese nordafricano da cui rischia di partire un'ondata di migrazioni verso le nostre coste.
Tutte indicazioni di come parta in salita la missione negli Usa del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che arriva stasera a Washington proprio con l'obiettivo di sbloccare questi dossier e ricevere una data precisa per la visita alla Casa Bianca della premier Giorgia Meloni, auspicata fra il vertice Nato di metà luglio a Vilnius e quello dell'Onu sui Sistemi alimentari che Roma ospiterà dal 24 al 26.
[…] Dopo la delusione per la fuga del ricercato russo Artem Uss, e l'apprezzamento per la posizione di Meloni sull'Ucraina, il punto in cima all'agenda americana è il ritiro di Roma dall'accordo firmato dal governo Conte […] il Dipartimento di Stato risponde che "la decisione spetta solo al governo italiano". […] "Siamo fiduciosi che il governo italiano sia pienamente consapevole delle preoccupazioni degli Stati Uniti riguardo ad alcune azioni della Repubblica popolare.
La storia della Belt and Road Initiative di finanziamenti opachi, risultati unilaterali a vantaggio della Cina, e potenziali rischi per la sicurezza nazionale, dovrebbero attirare l'attenzione di qualsiasi potenziale partner". Roma lo ha capito, ma sta cercando il modo di uscire dalla Bri senza compromettere l'intero rapporto commerciale con Pechino.
Sulla Tunisia il Dipartimento di Stato evita dunque di prendere posizione, confermando che non ha ancora deciso di appoggiare il pacchetto di aiuti sostenuto dall'Italia: "Dovete rivolgervi all'Fmi e al governo tunisino". Il Fondo però frena. Il 15 ottobre ha raggiunto uno Staff Level Agreement per dare 1,9 miliardi di dollari a Tunisi, ma non l'ha portato al voto del Board perché per aiutare un Paese con debito pubblico insostenibile ha bisogno di due elementi.
Primo, serve che altri membri forniscano risorse per renderlo sostenibile, e qui ci sono movimenti; secondo, il beneficiato deve impegnarsi su un pacchetto di riforme che rafforzi la crescita, e qui invece il presidente Kais Saied continua a frenare. Roma spera che il ritorno oggi di Meloni a Tunisi con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, e gli incontri di Tajani a Washington domani, sblocchino il dossier.