Estratto dell’articolo di Ilario Lombardo per “la Stampa”
Ci sono coincidenze che danno più sapore al racconto. Giorgia Meloni è in visita a Praga, a colloquio con uno dei suoi principali alleati nella sempre più ampia famiglia dei conservatori, quando dalla Francia e dalla Spagna, governate da liberali in un caso e socialisti nell'altro, arrivano due pesantissime critiche alle politiche del governo della destra italiana, su migranti e lavoro.
L'incontro con Petr Fiala è appena terminato. Meloni saluta il primo ministro ceco, leader del Partito democratico civico (Ods), membro dell'Ecr, il gruppo di Bruxelles guidato dalla leader di Fratelli d'Italia. […]
Nemmeno un cenno a Emmanuel Macron. Meloni ha però voglia di parlare. […] E così nel giardino del palazzo del governo che si affaccia sulla Moldova, riapre la portiera della macchina per commentare […] l'ennesimo attacco arrivato dalla Francia: «Usare altri governi per regolare i conti interni non mi sembra una cosa proprio ideale né sul piano della politica né su quello del galateo». […] «Evidentemente c'è qualche problema sul piano interno, di tenuta del consenso. Non mi ci voglio infilare. Capisco le difficoltà».
[…] Meloni mostra tranquillità, e fa leva su una particolare visione diplomatica dei rapporti tra gli alleati. Stéphane Séjourné, autore dell'ultima bordata ai sovranisti italiani, è il portavoce di Renaissance, il partito di Macron: un macroniano di primo piano, certo, ma comunque non un esponente di governo come lo è invece Gérald Darmanin, il ministro dell'Interno che meno di una settimana fa ha riaperto la crisi con Roma, sempre sui migranti.
Con Macron, Meloni non ha avuto contatti. Nessuna chiamata, neanche un messaggio. Dice di non averne sentito la necessità: «A me interessa quello che dicono gli italiani del lavoro che faccio». Poco dopo la scena si replicherà di fronte alle telecamere […]. […]
Questa volta il discorso […] viene allargato anche a Yolanda Dìaz, la vicepremier e ministra del Lavoro spagnola che ha accusato il governo italiano di favorire la precarietà. «Non è proficuo utilizzare le relazioni internazionali per risolvere i problemi di politica interna – risponde Meloni -. Se in Europa c'è molta gente che parla di noi è perché probabilmente il nostro lavoro lo stiamo facendo molto bene».
Nel caso della Spagna, la premier tiene anche a precisare che «forse non si conosce bene il lavoro che stiamo facendo». Cita il «record storico di occupati e contratti stabili», che però non può essere riferibile al decreto appena varato e finito nel mirino della ministra Dìaz.
[…] A Meloni non sfugge […] che sia in Francia sia in Spagna, macroniani e sinistra spingono sul paragone tra Le Rassemblement national di Marine Le Pen, Vox e la destra italiana, anche se l'ex Front National è un alleato europeo della Lega di Matteo Salvini e non della premier.
giorgia meloni mateusz morawiecki
Sono i primi passi della lunga campagna elettorale per le Europee del 2024, che a Madrid incrocerà anche la sfida per il governo, a fine anno, tra socialisti, popolari, la sinistra e l'incognita di Vox, i sovranisti affiliati a Meloni. I confini delle appartenenze si stanno già delineando. La casualità c'entra poco.
La geografia traccia una chiara strategia: i conservatori vogliono diventare un polo di attrazione per i popolari europei, per convincerli a staccarsi da socialisti e liberali nei futuri equilibri di Bruxelles. Meloni non è ancora stata a Parigi, perché la frattura con Emmanuel Macron le ha impedito di compiere uno dei primi riti onorati dai presidenti del Consiglio appena entrano in carica.
Le diplomazie stavano provando a ricucire da settimane, ma le esternazioni di Darmanin hanno bruciato tutti i tentativi, al punto da costringere il ministro degli Esteri Antonio Tajani ad annullare la sua cena a Parigi con l'omologa francese. In Germania, a Berlino, altro Paese alleato governato da una coalizione di centrosinistra, Meloni è andata con calma, quasi due mesi dopo.
Ha preferito tappe con chi le è più affine politicamente. Il tour tra i conservatori è iniziato in Polonia, a Varsavia, in occasione del viaggio a Kiev, ed è proseguito a Londra, nel Regno Unito, oggi fuori dall'Unione europea, che è patria di quel modello di pensiero dove Meloni intende traghettare il suo partito, per liberarlo dai fantasmi mai completamente rinnegati del post-fascismo del Movimento sociale italiano. E infine, Praga. La città dove si immolò Jan Palach, l'eroe della resistenza anti-sovietica che per FdI vale più di tanti partigiani italiani.
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