Estratto dell'articolo di Matteo Pucciarelli per “la Repubblica”
Due piccoli indizi, ma indicativi: il giorno della “Staffetta dell’umanità” lanciata da Michele Santoro c’era in programma (organizzata da mesi) un’altra marcia pacifista, 10 mila partecipanti, tra Bergamo e Brescia, le due città italiane della cultura del 2023. E poi, scorrendo l’elenco dei firmatari dell’appello promosso dal conduttore tv, mancavano tutti i principali animatori del mondo pacifista e antimilitarista a pieno servizio, un po’ sconosciuto al grande pubblico ma attivo da anni in luoghi di guerra ma pure nella solidarietà attiva e nelle lotte sui territori: sono realtà raggruppate in Rete italiana pace disarmo, network nato nel 2020 con la collaborazione di Cgil, Arci, Acli, Agesci, Legambiente, Libera, solo per citare alcuni soggetti.
MICHELE SANTORO SFANCULA MYRTA MERLINO
Esistono insomma due pacifismi, uno mediatico e uno concreto, come da definizione che diede trent’anni fa Alex Langer? Dice Mao Valpiana del Movimento nonviolento, sede a Verona e come simbolo storico l’immagine del fucile spezzato, aderente alla Rete: «L’iniziativa di Santoro è stata un’occasione di partecipazione ma al contempo rischia di essere qualcosa di estemporaneo, senza un prima e un dopo. Il pacifismo invece deve darsi obiettivi politici e un coordinamento, continuando campagne, relazioni internazionali e aiuti laddove i conflitti scoppiano ».
Così il 16 maggio, in linea con la campagna internazionale a favore dell’obiezione di coscienza in Russia, Ucraina e Bielorussa e di finanziamento per i disertori che fuggono alla chiamata alle armi, è prevista una manifestazione fuori dalle ambasciate dei tre Paesi. Oppure, basta sentire Sergio Bassoli delle relazioni internazionali della Cgil: «Tutte le piazze che sensibilizzino vanno bene, certo però non abbiamo bisogno del protagonismo individuale, dei capibanda, questo anche per evitare facili strumentalizzazioni ». Altra questione: il referendum contro l’invio di nuove armi, promosso da Generazioni future e appoggiato dal M5S, è visto come uno strumento impraticabile, quindi inutile. «Sia dal punto tecnico che di metodo è inadatto », ragiona Francesco Vignarca della Rete.
Nessuno ha voglia di fare polemiche pubbliche con Santoro e soci, la pace di per sé fa già fatica da tempo a emergere nel dibattito e quindi ad esempio “Un ponte per”, una ong che lavora in mezzo mondo, ovviamente laddove c’è un conflitto, ha aderito alla marcia di Servizio pubblico, anche un po’ nel segno del purché se ne parli, inteso come concetto di pace. Di sicuro un investimento privilegiato dell’associazionismo pacifista, sia cattolico che di sinistra, è nelle carovane: ce ne sono state cinque dall’inizio del conflitto a Est, centinaia di persone in viaggio dall’Italia alle città ucraine per portare tonnellate di aiuti materiali ma anche la propria vicinanza umana alle vittime della guerra. Per riprendere le parole di Alberto Capannini, da mesi in Ucraina con “l’Operazione colomba” della Comunità Papa Giovanni XXIII, «la credibilità te la guadagni vivendo accanto a chi subisce la guerra. Il fatto di stare, toccare, vedere, non è sostituibile ».
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