Ugo Magri per “la Stampa”
CONTE SALVINI DI MAIO MOAVERO MATTARELLA
Cosa farebbe il presidente, in caso di crisi? Se Salvini teme che Mattarella si metta a brigare, inventandosi la qualunque pur di sbarrare la strada a nuove elezioni, il "Capitano" può stare tranquillo: sul Colle non risulta alcuna cospirazione ai suoi danni. Apprensione per quanto potrà accadere, quella senz' altro, e pure tanta. Però chi frequenta i piani altissimi ha la certezza che il capo dello Stato si spoglierebbe dei propri personali convincimenti, attenendosi ai 70 anni di prassi costituzionale.
Qualora Conte si facesse vivo, e a maggior ragione se gettasse la spugna, verrebbe immediatamente ricevuto nel salottino presidenziale. La partenza di Mattarella per le ferie (prevista per stasera, destinazione La Maddalena) sarebbe rimandata. Comincerebbero le consultazioni che, nella visione "notarile" del Garante, rappresentano uno snodo decisivo. Servirebbero a raccogliere le indicazioni delle forze politiche, trattate come uniche vere protagoniste del loro (e nostro) destino.
MOAVERO DI MAIO SALVINI CONTE MATTARELLA
Uno dopo l'altro verrebbero ascoltati tutti i capi-partito con l'obiettivo di accertare se, caduto il primo governo giallo-verde, ne potrebbe nascere un secondo, previa sostituzione di alcune pedine (per cambiarne più d'una, non basterebbe un rimpasto, ci vorrebbe un Conte-bis). Qualora invece la strada del «volèmose bene» risultasse impraticabile, Mattarella sonderebbe i gruppi parlamentari rispetto a eventuali nuovi scenari. In altre parole, prima di staccare la spina alla XVIII legislatura, vorrebbe essere ben certo che non siano nel frattempo maturate maggioranze a oggi imprevedibili.
FUORI TEMPO MASSIMO
Quanto tempo richiederebbe un simile accertamento? Fare previsioni è impossibile. Di sicuro non basterebbero poche ore, qualche giorno nemmeno. Ieri pomeriggio, nella lunga attesa che Salvini rivelasse al mondo le sue intenzioni, dalle parti del Quirinale si percepiva una sottile vena di scetticismo: «Se si aprirà davvero la crisi, avremo le prime consultazioni della storia che si tengono a Ferragosto». Ma probabilmente si andrebbe perfino oltre.
Mattarella non mai ha forzato la mano ai partiti mettendo loro scadenze o lanciando ultimatum. Pure l'anno scorso, dopo le elezioni politiche, mise in campo tutta la pazienza necessaria per consentire a Di Maio e a Salvini di trovare la quadra. Temporeggiare si rivelò una strategia efficace. E nemmeno stavolta, ragiona a voce alta qualche frequentatore del Colle, ci sarebbe ragione per fare di corsa.
O meglio: un chiarimento rapido sarebbe stato opportuno se la crisi si fosse scatenata un mese fa, quando era ancora aperta la finestra elettorale di settembre. Anche in caso di voto anticipato, le nuove Camere si sarebbero riunite comunque in tempo per mettere in piedi un governo e approvare la legge di bilancio entro fine anno, evitando la disgrazia (come da molti, anche se non da tutti, viene considerata) dell'esercizio provvisorio. Ormai però la finestra di settembre si è chiusa e, perfino procedendo al galoppo, non si tornerebbe alle urne prima di metà ottobre: evitare questo bagno di sangue sarebbe mille volte meglio.