Estratto dell’articolo di Fabrizio Dragosei per il "Corriere della Sera"
Ogni momento di difficoltà è buono per cambiare luogotenenti non troppo affidabili, anche se amici di vecchia data, e per restringere sempre di più il cerchio dei fedelissimi. Così anche la crisi attuale, con la tentata marcia su Mosca di due mesi fa e poi la morte di Prigozhin serve a Vladimir Putin per rivedere la situazione. Gli uomini che lui consulta e che si può dire abbiano una qualche vera influenza sono pochissimi, meno di una decina.
Praticamente tutti provenienti dalle schiere dei cosiddetti silovikì (forze armate, servizi segreti, eccetera), vecchi amici di San Pietroburgo, compagni del Kgb. L’asse portante del gruppo di potere che un giorno potrebbe essere chiamato a decidere il successore di Vladimir Vladimirovich è costituito dai capi dei servizi, funzionari di lungo corso che quando parlano esprimono posizioni sempre più estreme di quelle di Putin [...]
Il capo dell’Svr Prendiamo Sergej Naryshkin, di due anni più giovane del presidente e capo dell’Svr, il servizio di spionaggio estero, quello che una volta era il Primo direttorato del Kgb. Naryshkin viene dai servizi segreti dell’allora Leningrado, esattamente come Putin. È ascoltatissimo e, si dice, in perenne conflitto con un altro «potente» di cui parleremo tra poco, il responsabile del Gru, il servizio di intelligence militare finito negli ultimi tempi sotto la lente di ingrandimento per una serie di clamorosi insuccessi (i tentati avvelenamenti di Navalny e di Skripal, tanto per citarne due). [...]
Ha invece un anno più di Putin Nikolaj Patrushev, attuale segretario del Consiglio di sicurezza ed ex capo dell’Fsb, il principale successore del Kgb che si occupa principalmente di sicurezza interna (ma non solo). Viene, neanche a dirlo, da Leningrado dove fu reclutato dai servizi segreti nel 1975. Un suo pallino è «la russofobia occidentale» [...]
Nel 2008 ha lasciato l’Fsb in mani fidate, quelle di Aleksandr Bortnikov, anche lui entrato nel Kgb nel 1975, ovviamente a Leningrado. Putin lo stima molto. [...]
Con la soluzione dello scontro con Prigozhin e la sua morte, sembrano salire le azioni dell’ammiraglio Igor Kostyukov, direttore del Gru, anche perché uno dei suoi vice, Andrej Averyanov, che secondo alcuni siti incluso Bellingcat potrebbe essere coinvolto nell’attentato a Prigozhin. [...] Rimangono appesi a un filo i due grandi nemici di Prigozhin, il ministro della Difesa Sergej Shoigu e il capo di Stato Maggiore Valerij Gerasimov che a Putin piace soprattutto perché fu il primo a parlargli di «guerra ibrida» quella che si combatte con internet e la disinformazione, oltre che sul campo di battaglia. Non sono saltati, come chiedeva l’ex cuoco [...]
È sempre al suo posto Dmitrij Medvedev, detto anche il mini-Putin. Oggi conta assai poco, ma può sempre tornare utile. E la sua fedeltà è al di sopra di ogni sospetto. Lo stesso si può dire per il primo ministro, Mikhail Mishustin, un grigio funzionario abituato a dire sempre di sì. Si sfoga suonando il pianoforte.
Da citare infine Viktor Zolotov, alla testa della Rosgvardia (guardia nazionale), ex addetto alla sicurezza personale di Putin, e soprattutto il giovane Dmitrij Patrushev, figlio del segretario del Consiglio di sicurezza e ministro dell’Agricoltura. È in rampa di lancio: il padre lo avrebbe candidato addirittura alla successione al Cremlino.
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