Paolo Brera per repubblica.it - Estratti
«Ciao, ho deciso di rimuoverti dal tuo ruolo. Il tuo incarico terminerà 48 ore dopo il ricevimento di questa lettera. Grazie per il lavoro svolto come ministro della Difesa». Tre righe di benservito, firmate dal premier Benjamin Netanyahu.
Non si può dire che ci sia andato leggero neppure nei modi, il premier israeliano: ieri sera, nel momento in cui tutti gli occhi erano concentrati sulle elezioni americane, ne ha approfittato per togliersi dai piedi il meno allineato tra i ministri; il più «moderato», seppure indagato insieme a lui per crimini di guerra dalla Corte penale internazionale.
Al posto di Gallant, Bibi ha nominato il ministro degli Esteri Israel Katz, che sarà sostituito dal ministro senza portafogli Gideon Saar. Ma Katz è noto per le posizioni da duro sulle politiche per la sicurezza, ed è un sostenitore dei coloni fermamente contrario alla soluzione dei due Stati. Non ci sono più freni per i falchi come Ben Gvir, che si «congratula» subito per la decisione. «Con Gallant non si può ottenere una vittoria completa, ha fatto bene a rimuoverlo», twitta appena esce la notizia.
E forse non è finita qui: secondo Walla, Bibi è pronto a licenziare anche il capo Stato maggiore, Herzi Halevi, e il capo dello Shin Bet, Ronen Bar. Una rivoluzione in un momento delicatissimo, con tre guerre in corso e mentre Israele attende che si compia la minaccia iraniana di rispondere al blitz lanciato la notte del 25 ottobre, con il rischio che riparta l’escalation del conflitto. Un rischio che con la nuova governance dei falchi senza contrappesi è ancora più elevato. (...)
Netanyahu aveva già provato a marzo dello scorso anno a dare il benservito a Gallant. Ma non funzionò. Il paese scese in strada con un fiume di proteste in suo sostegno, e il premier fu costretto a fare marcia indietro. Ma quelli erano i giorni neri delle proteste infinite per la riforma del sistema giudiziario e per le spallate alla Costituzione.
E quando pensò di riprovarci, il mese scorso, ed era pronto a nominare Saar al suo posto, l’attacco dei cerca persone fece saltare tutto. Forse ieri Bibi contava su un clima più favorevole, e puntava sulla distrazione per le elezioni Usa; ma la reazione è subito durissima. «Scendete in piazza!», twitta il presidente dei Democratici, Yair Golan, facendo appello a rettori, presidi, mondo del lavoro e «anche a voi in divisa». (...)
«Netanyahu sta distruggendo Israele, solo noi possiamo salvarlo». La folla lo fa ovunque, da Tel Aviv ad Haifa, Netanya, Beersheba e pure al Nord, dove l’Idf proibisce assembramenti per le bombe di Hezbollah. In migliaia, a Gerusalemme, sciamano sotto casa di Netanyahu. Bloccano le arterie, sventolano le bandiere: «Bibi traditore», urlano.
Il premier giustifica così la cacciata di Gallant: «Il mio massimo impegno è la sicurezza di Israele e una vittoria completa. Nel mezzo di una guerra è necessaria la piena fiducia. Sfortunatamente negli ultimi mesi si è incrinata». Parla di fratture «nella gestione della campagna militare», accompagnate da «dichiarazioni e azioni che contraddicono governo e gabinetto». «La sicurezza dello Stato di Israele è stata e rimarrà sempre la missione della mia vita», replica Gallant che in realtà cita se stesso: quelle parole le aveva pronunciate, identiche, lo scorso marzo quando Bibi ci aveva provato, inutilmente, una prima volta.
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NETANYAHU SILURA IL NEMICO GALLANT
Francesca Caferri per repubblica.it - Estratti
Questa volta è vero. Per essere sicuro che non ci fossero errori o carte mancanti Benjamin Netanyahu ha consegnato di persona a Yoav Gallant la lettera con cui lo ha ufficialmente rimosso da ministro della Difesa: non come nel marzo del 2023, quando il licenziamento era stato annunciato ma mai formalizzato. Allora, il primo ministro dovette rimangiarsi tutto di fronte al milione di persone scese in strada: per dire “no” al suo progetto di riforma giudiziaria.
israel katz benjamin netanyahu
Ma anche per sostenere il titolare della Difesa che aveva detto che il rifiuto dei riservisti di prestare servizio militare se la riforma non fosse stata bloccata, esponeva il Paese a un pericolo enorme: quello di non avere a disposizione buona parte dei 469 mila uomini e donne che costituiscono la colonna vertebrale dell’esercito israeliano.
Allora la rottura rientrò: poi venne il 7 ottobre e la Storia di Israele e dell’intera regione cambiò. Non quella della relazione fra Netanyahu e Gallant: nonostante la crisi, la frattura fra i due – che sono compagni di partito, il Likud – non si è mai sanata.
benjamin netanyahu yoav gallant e i militari israeliani - attacco all'iran
Il primo ministro e il titolare della Difesa hanno fatto fronte comune di fronte all’emergenza certo, ma non hanno mai parlato con una voce sola. Lo dimostra la storia degli ultimi tredici mesi: con Gallant restio ad aprire il fronte libanese immediatamente dopo la strage di Hamas, quando Netanyahu avrebbe voluto farlo. Con Gallant schierato con i due ex nemici Benny Gantz e Gadi Eisenkot nel gabinetto di guerra in favore di un cessate il fuoco e di una trattativa sugli ostaggi, nel novembre 2023.
Con Gallant contrario a entrare a Rafah secondo i tempi stabiliti dal primo ministro la primavera scorsa e poi, in estate, in aperta opposizione con il premier sulla necessità di mantenere il controllo dei corridoi Netzarim e Philadelphi. «La posizione delle Forze armate e mia personale è che all’Idf non è necessario tenere quelle zone per controllare Gaza. E che questo è un ostacolo all’obiettivo finale della liberazione degli ostaggi», disse allora.
Parole che erano suonate come la rottura definitiva: per tutta l’estate, le voci di un licenziamento di Gallant si erano susseguite di settimana in settimana. A settembre, la stampa israeliana scriveva che se il ministro era ancora al suo posto, era solo perché la campagna in Libano aveva subito un’accelerazione e Israele non poteva permettersi di cambiare il titolare della Difesa a partita appena aperta.
Ora che la guerra in Libano sembra vinta e quella a Gaza è drammaticamente stabile, è arrivata la resa dei conti. Complice la distrazione di un’Amministrazione americana che negli ultimi mesi, sempre più marcatamente, aveva fatto di Gallant il suo interlocutore preferito. L’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’inchiesta aperta nei confronti di un gruppo di uomini vicini a Netanyahu: il sospetto che a passare i loro nomi fosse stato proprio Gallant è cresciuto giorno dopo giorno nell’entourage del primo ministro. Ora Netanyahu ha giocato le sue carte: fuori Gallant, dentro il fedele Katz.
Netanyahu Benny Gantz Yoav Gallant
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