Niccolò Carratelli per la Stampa - Estratti
Ci sono quelli che vorrebbero accelerare e quelli che frenano. Come fossero due squadre dentro al campo del centrosinistra, in cui nessuno mette più in discussione la prospettiva unitaria, ma restano approcci molto diversi su quando e come perseguirla. La prima squadra è formata da Elly Schlein, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli: sono i più determinati a costruire quanto prima un'alleanza strutturale, con una piattaforma programmatica condivisa.
«Per riportare la gente a votare dobbiamo far vedere che c'è un'alternativa pronta», è il ritornello degli ultimi giorni della segretaria Pd. La seconda squadra è formata, per quanto possa sembrare strano, da Giuseppe Conte, Carlo Calenda e Riccardo Magi: sono più prudenti sulla reale possibilità di stare tutti insieme, risultando credibili e solidi come alternativa.
A loro, soprattutto ai primi due, pensa Schlein quando dice, anche ieri nell'intervista a questo giornale, che «il tempo dei veti è finito» e «non siamo più disposti a subirne». Ammettendo implicitamente che in passato è successo, come, ad esempio, durante le trattative per le regionali in Basilicata. Stessa sollecitazione da Bonelli: «Noi non mettiamo veti, sarebbe imperdonabile ricommettere gli errori del 2022 – dice il portavoce dei Verdi – per cui unità, costruendo un programma che metta al centro questioni su cui è complicato dividersi».
Tutti sanno che sulla politica estera, in particolare sull'Ucraina, come sulla transizione ecologica e su altre questioni non banali, Azione ha posizioni ben diverse dai 5 stelle (e anche da Avs), ma la strategia è tenere sullo sfondo i motivi di attrito ed enfatizzare, invece, le battaglie condivise. Sperando che, procedendo così, risulti poi più facile la sintesi. «A destra lo fanno da sempre, perché non dovremmo farlo anche noi», spiegano dal Pd.
CONTE ANNUNZIATA CALENDA LANDINI SCHLEIN FRATOIANNI rimini cgil
Tenere dentro almeno Calenda, del resto, servirebbe a garantirsi una copertura elettorale al centro e ad accontentare l'ala riformista del partito, che spinge per non costruire una coalizione sbilanciata a sinistra.
Il fatto è che, al di là dei temi specifici, tra Conte e Calenda non c'è un gran feeling politico e personale. Per tacere del rapporto (inesistente) tra Conte e Renzi, che però, al momento, è considerato fuori dai giochi.
CARLO CALENDA DOPO IL FLOP DI AZIONE ALLE ELEZIONI EUROPEE
Quanto al leader di Azione, non ha mai risparmiato giudizi sferzanti nei confronti del presidente M5s («populista» e «pessimo premier»), il quale ha più volte fatto capire che per lui il perimetro della futura coalizione non deve comprendere i centristi. E continua a pensarla così. Ma i dem sono convinti che, alla fine, entrambi saranno costretti a sedersi allo stesso tavolo. «Il risultato delle Europee dimostra che gli elettori premiano chi è più unitario – sottolinea un parlamentare dem vicino alla segretaria – speriamo che loro abbiano imparato la lezione»
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