1. LE SARDINE NELLA RETE DI SOROS E DEL PD FINE DELLA STORIELLA SULL'INDIPENDENZA
Francesco Borgonovo per “la Verità”
Viviamo un' epoca straordinaria. Forse per la prima volta nella storia ci troviamo di fronte a uomini di potere che condividono le istanze dei movimenti di piazza. Anzi, li sostengono apertamente e talvolta materialmente. George Soros, ad esempio, rilascia interviste al Corriere della Sera in cui dimostra di condividere le posizioni di Greta Thunberg sul cambiamento climatico. L' avreste mai immaginato?
Un magnate della finanza che si schiera con un' attivista scioperante. Le possibilità sono due: o i grandi capitalisti sono improvvisamente ammattiti, oppure i militanti di oggi hanno qualcosa che non va. E la seconda opzione è la più probabile: molti di coloro che oggi spingono la gente a scendere in piazza, nei fatti, portavano avanti battaglie che fanno comodo al pensiero dominante.
Greta così gradita a Soros (e pure ai capi di Blackrock e ai potenti di Davos) è forse l' esempio più rilevante.
le sardine con luciano benetton e oliviero toscani
Scendendo molto di livello, nel nostro Paese ci sono le sardine. Soros le gradisce molto, dice che rappresentano una bella speranza e le descrive al Corriere come «un movimento dal basso che ha davvero fatto arrabbiare... Come si chiama? Ah sì, Salvini». Piacciono al vecchio George e piacciono molto anche a Luciano Benetton, che infatti ci ha tenuto molto a incontrare i capetti bolognesi del movimento a Treviso.
Dentro al movimento le polemiche sulla foto in compagnia di Toscani e del patron trevigiano - scattata proprio nei giorni in cui si ridiscutono le concessioni di Autostrade - continua a suscitare feroci polemiche e divisioni. Mattia Santori e gli altri tre liderini hanno cercato di minimizzare la faccenda con i militanti, quasi che l' immagine fosse stata rubata. Ma è una bugia. Intanto, le foto con Benetton sono più di una, e ieri continuavano a circolare sul Web. Inoltre, a un certo punto sono pure state condivise dai social ufficiali delle sardine.
E come per magia ecco che, proprio all' indomani della figuraccia fotografica, arrivano ben due letterine dagli amici dem, entrambe tramite Repubblica. La prima è quella di Giuseppe Provenzano, ministro per il Sud, che invita i pesciolini a un incontro per «parlare dei temi del Mezzogiorno». Secondo Provenzano, i ragazzotti centrano «un punto decisivo. Non basta un' azione politica, ad ogni livello di governo, se non accompagnata dal protagonismo sociale della cittadinanza». Ah, il protagonismo sociale... Ma di chi, esattamente? Perché finora l' unico protagonista vero è stato Mattia Santori, assieme a pochissimi altri.
La seconda amorevole missiva giunge da Nicola Zingaretti: «Sardine, il Pd vi ascolta». Il segretario dem parla di «straordinario contributo politico e civile». Parla di un movimento che si pone come obiettivo quello di «rafforzare la democrazia italiana con idee e valori così netti e moralmente alti e con una partecipazione così grande di persone».
Le sardine incontrano Oliviero Toscani e Luciano Benetton a Fabrica
Già: le ascolta il Pd, le ascolta Benetton... Chissà se il Pd e Benetton si ascoltano pure fra di loro e chissà se stanno entrambi utilizzando i pescetti per rifarsi il look... Più che un sospetto è una certezza. Proprio come Greta, i pescetti sono la maschera pulitina e sorridente dietro cui si cela il ghigno del Potere. Una maschera che si può mettere e togliere a piacimento.
Oggi il Pd ha bisogno di approfittare di una legittimazione dalla piazza, dunque si appoggia a Santori e ai suoi amichetti, li abbraccia e li liscia.
Solo una cosa non torna: oggi Zingaretti sarà in Calabria, e incontrerà anche un gruppo di giovani che gli consegneranno una lettera sul rinnovamento del Pd. Però non risulta che abbia in programma di incontrare le sardine locali. E dire che quella è la terra di Jasmine Cristallo, uno dei volti simbolo del movimento.
Se il Pd ascolta i pesciolini, perché Zinga non va da lei?
Beh, forse perché la ragazza nelle settimane passate ha sparato siluri potenti contro i dem calabresi, ricavandone in cambio insulti (dal Pd) e silenzio totale (dai capi sardina bolognesi). Chiaro, no? Le sardine si ascoltano solo quando fanno comodo, cioè quando servono a mantenere lo status quo come accaduto in Emilia Romagna. Le sardine vanno bene se sostengono il Pd o se si sbaciucchiano con Benetton.
Quando tirano fuori mezzo tema un po' scomodo, silenzio.
Va detto che Santori e gli altri tre fondatori stanno perfettamente al gioco. Si riempiono la bocca di democrazia ma, stando alle polemiche di questi giorni, pare proprio che nel movimento a decidere siano loro e soltanto loro, del resto sono i proprietari del marchio dei pesciolini. Hanno deciso in autonomia la gita a Treviso da Oliviero Toscani.
Scrivono comunicati pieni di aria fritta sul Sud a uso e consumo dei vertici dem, che così potranno raccontare di aver ascoltato «la voce del popolo».
Certo: il Pd ascolta una voce finta (quella di quattro bolognesi) perché si stanno avvicinando le elezioni in Puglia e Campagna e la paura di perdere è immensa. In Calabria, invece, il popolo l' hanno sentito così tanto da aver rimediato uno sberlone pazzesco. Lì delle sardine non importava nulla a nessuno, no? E infatti Santori e gli altri si sono ben guardati dal metterci la faccia. A loro piace comandare, e vincere. E questi dovrebbero essere i rinnovatori della democrazia? Criticano i 5 stelle, ma sono peggio: sono i proprietari di un marchio registrato che raccontano balle per convincere la gente a manifestare contro l' opposizione.
Bel modo di dar voce agli italiani, bel modo di favorire la «partecipazione»: quattro capi e un esercito di pescetti obbedienti. Il quadro perfetto per far innamorare i Soros, i Benetton e i loro scendiletto del Pd. Il popolo, però, è un' altra cosa.
nicola zingaretti stefano bonaccini
2. "L'ASSALTO ALLA LIRA? FU UN SUCCESSO". E ORA SOROS SOSTIENE LE SARDINE
Andrea Indini per www.ilgiornale.it
"Nessun rimpianto, ho semplicemente anticipato gli eventi". Oltre a rilanciare il progetto da un miliardo di euro per mettere "in rete" le università progressiste, nel suo nuovo libro Democrazia! Elogio della società aperta, che da martedì arriverà anche nelle librerie italiane, George Soros rivendica con sfrontatezza tutto quello per cui in molti ambienti viene preso di mira e duramente critica.
Se da una parte difende, infatti, il perseguimento di un mondo privo di frontiere dove i migranti siano liberi di muoversi ovunque vogliano, dall'altra si vanta delle sue incursioni finanziarie contro il nostro Paese. "Lo considero un mio successo", dice. Il suo attacco alla lira, in quel "mercoledì nero" del 1992, fu un durissimo colpo per l'Italia. Obbligò i vertici della Banca d'Italia a vendere 48 miliardi di dollari di riserve per sostenere il cambio e portò la nostra moneta ad una svalutazione del 30%.
"Ho sempre agito nel rispetto delle regole", dice oggi Soros in una intervista rilasciata al Corriere della Sera per promuovere il libro pubblicato con Einaudi. A distanza di quasi trent'anni da quell'attacco, il finanziere non solo difende ancora quell'operazione ("Ho sempre separato la mia attività sui mercati dalle mie critiche ai mercati") ma vuole addirittura spacciarsi per "un intellettuale". "Oggi mi considero così", dice rivendicando di averv sempre criticato "gli eccessi e i mercati senza controllo".
Peccato che, anche grazie a quegli eccessi, ha ottenuto la fama dello speculatore e il bollino dello squalo della finanza. A suo dire le critiche, che oggi gli piovono ancora addosso, sono mosse da "persone ricche e potenti", che lo vogliono "distruggere perché colpisco i loro interessi", e "in misura sempre maggiore" dai politici. In realtà proprio dalla politica, in particolar modo quella progressista e radical chic, ha sempre ottenuto appoggi e applausi. Nel 1995, per esempio, come raccontò Bettino Craxi in una intervista (guarda qui), la colossale speculazione sulla lira gli valse, "a riconoscimento", una laurea ad honoris causa dell’Università di Bologna. L'indicazione arrivò, guarda caso, dal suo amico Romano Prodi.
Oggi Soros vanta un patrimonio da 8,3 miliardi di dollari e non molla di un millimetro il suo impegno per cercare di plasmare il mondo come lui vorrebbe. Dal sostegno alle rivoluzioni colorate, che hanno destabilizzato i Paesi del Nord Africa, i Balcani e il vicino Oriente, ai progetti a favore dell'accoglienza dei migranti, passando inevitabilmente per il contrasto a qualsiasi forma di nazionalismo, continua a essere in prima linea e a muovere le fila da dietro le quinta.
Anche nei giorni scorsi si trovava al World Economic Forum di Davos per annunciare il nuovo progetto da un miliardo di dollari che servirà a mettere in rete una serie di università progressiste. Sarà una sorta di estensione della sua Central European University, l'ateneo che in Ungheria ha a lungo operato contro il premier Viktor Orban finché quest'ultimo non lo ha cacciato dal Paese obbligandolo a trasferirsi a Vienna. Il suo nuovo libro è stato pubblicato proprio per promuovere questa sua idea della società aperta dove, come spiega al Corriere della Sera, "i rappresentanti democraticamente eletti dovrebbero mettere gli interessi degli elettori davanti ai loro".
A Soros i "rappresentanti democraticamente eletti" vanno a genio solo quando i loro interessi collimano con i suoi. Nella sua black list ci sono ovviamente capi di Stato come Donald Trump, Vladimir Putin, Boris Johnson e ovviamente Viktor Orban. E poi, dice lui stesso, "come si chiama? Ah sì, Salvini". Dice di preferire i movimenti che partono dal basso, come "il fenomeno delle sardine" e i sindaci che si stanno impegnando contro il cambiamento climatico e a favore delle migrazioni interne. Al loro fianco ci sarà sempre lo squalo della finanza, pronto ad aprire il portafogli per plasmare l'Occidente e correggere quelle democrazie che non gli piacciono.