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Marco Bonarrigo e Milena Gabanelli per il "Corriere della Sera"
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In Italia, per ogni aspirante imprenditore, dar vita ad una nuova attività è un percorso lungo e complicato. Di questi tempi chi vuol fare impresa rapidamente conviene buttarsi sull’edilizia: basta registrare il numero di partita Iva e il codice di attività corretto (Ateco 41) alla Camera di Commercio e contemporaneamente inviarlo all’Agenzia delle Entrate, e un’ora dopo puoi tirar su muri, demolirli o montare i gettonatissimi «cappotti termici» sulle facciate di case o condomini. Nel secondo semestre 2021 sono nate 64 nuove imprese edili al giorno, per un totale di 11.600 a fine dicembre.
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Dentro questi numeri da ricostruzione post bellica ci sono anche le «riconversioni», ovvero le aziende che hanno cambiato natura passando da attività di macelleria, autotrasporto, agricola, ad edili.
Un boom con uno scopo preciso: attingere ai 30 miliardi di euro di bonus che lo Stato distribuisce fino a giugno 2023 a chi migliora l’efficienza energetica degli edifici residenziali.
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La legge non chiede competenze
Gli imprenditori del settore costruzioni riuniti nell’Ance, hanno in media sei dipendenti, quelli delle aziende neonate zero. Il presidente dell’associazione di categoria Gabriele Buia è convinto che non faranno mai assunzioni perché non intendono investire, ma solo approfittare di un momento d’oro.
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L’Ance forma operai, geometri, addetti al cantiere, e Buia si chiede «come possono i nuovi arrivati gestire un cantiere in sicurezza se fino a ieri macellavano carni o trasportavano merci?».
La legge italiana queste domande non se le pone, non sono richieste competenze specifiche e nel momento in cui ti dichiari azienda edile, hai tutti i titoli per chiedere i bonus energetici senza limiti di importo. E magari senza mai iniziare i lavori.
L’Agenzia delle Entrate rincorre i truffatori che intascano i bonus e lasciano i cantieri aperti. Il 1° febbraio a Rimini sono state arrestate 35 persone: avevano ricevuto illecitamente 440 milioni tra bonus e superbonus con una catena di subappalti. Le truffe hanno già superato il miliardo di euro.
Il governo prova a difendersi: il nuovo Decreto Sostegno Ter del governo Draghi impedisce di cedere il credito fiscale dei bonus a terzi per limitare i subappalti rischiosi. Ma molti costruttori Ance sono già sul piede di guerra: da un lato vogliono eliminare gli avventizi, dall’altro chiedono però allo Stato di abbassare i controlli.
Il 90% dei cantieri fuori regola
Il fronte più preoccupante è quello della sicurezza. L’Ispettorato del Lavoro dallo scorso giugno ha raddoppiato il numero delle ispezioni. È un bollettino di guerra: nell’ultimo semestre 2021, su 100 cantieri visitati, 91 erano non erano in regola con le norme contrattuali, assicurative, di sicurezza.
Nel primo semestre erano 60, e questo dimostra che la corsa al bonus sta accelerando le irregolarità. Delle 13 mila infrazioni registrate nel corso del 2021, il 50% riguardano l’inadeguatezza delle misure di protezione in caso di caduta dall’alto: mancanza del doppio parapetto, montaggio non a norma di tubi o ponteggi, materiali usurati, mancanza di parasassi o cartelli di pericolo. E quando si cade da un’impalcatura ci si fa sempre molto male.
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L’Ispettorato certifica che i lavoratori irregolari sono cresciuti del 12% tra il 2020 il 2021. Mentre il «nero» è stabile (2518 gli operai totalmente abusivi nel 2021 su 7674 irregolari), è esploso il «lavoro grigio».
Al posto di lavoratori dipendenti regolarmente formati e assicurati, gli ispettori hanno trovato autonomi assunti irregolarmente a cottimo, intermittenti, apprendisti, tirocinanti, operai a progetto, in associazione, in partecipazione.
E siccome cresce la richiesta di manodopera, si ricorre a «lavoratori appaltati» da aziende dell’est Europa (+173%), e qui il problema è che se sono assicurati, lo sono presso l’azienda madre in Romania, Albania o Slovenia.
Tutte formule che portano allo stesso risultato: meno spese per le imprese, meno sicurezza in cantiere. I numeri sono impietosi: le denunce di infortunio nei cantieri edili sono aumentate nell’ultimo anno del 17%, dopo dieci anni di diminuzione continua.
Con una tendenza in crescita: nell’ultimo quadrimestre l’aumento degli incidenti sfiora il 30%, ad esempio a dicembre 2021, se ne sono verificati 1.521, contro i 1.160 dello stesso mese nel 2020.
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Le morti nell’edilizia sono passate da 114 a 127 con un incremento dell’11%. E questi sono solo i casi registrati dall’Inail, quindi gli assicurati, perché poi ci sono i morti che nessuna conta, quelli del lavoro nero.
Il crollo dei ponteggi
Il fenomeno tragico è la crescita dei crolli di ponteggi e impalcature. Crollano per qualche folata di vento ponteggi che dovrebbero resistere anche a burrasche: è successo a giugno, a Campobasso, per sei piani di impalcatura.
Il 15 settembre a Genova muore per caduta un operaio di 54 anni: sotto inchiesta la fretta nel montare il ponteggio. Il 14 novembre nel Salento cede un’impalcatura di sei metri, forse assemblata male: scompare un 57enne.
A dicembre, nel crollo di un ponteggio a La Spezia, i carabinieri scoprono che i montatori erano irregolari e non formati. Sempre a dicembre, il caso di Torino non ha precedenti: il crollo di una grossa gru montata male provoca la morte di tre operai.
La procura di Torino ha aperto un’inchiesta, ma sarà difficile ricostruire chi ha sbagliato in una catena che comprende tre ditte (responsabile del cantiere, proprietaria della gru, proprietaria del carro di montaggio), i tre montatori deceduti (ingaggiati per l’occasione, uno aveva solo vent’anni) e il gruista bosniaco, autonomo, rimasto ferito.
A minare la sicurezza spesso è proprio la lunga catena di subappalti; inoltre nei piccoli cantieri non sempre c’è un capo cantiere o il responsabile della sicurezza, e quando ci sono corrono da un cantiere all’altro.
Impalcature non omologate
Il boom delle ristrutturazioni ha reso introvabili i ponteggi ed ha gonfiato i prezzi. I costi di montaggio e noleggio sono passati da 13/15 euro fino a 40 euro al metro quadro per il primo mese di affitto.
E un ponteggio pagato caro deve rendere, vuol dire che nei tempi morti dei lavori si smonta e rimonta in fretta per aprire altri cantieri, senza troppa attenzione alla sicurezza. Operazioni che devono essere eseguite da personale specializzato, che molte aziende non hanno.
I ponteggi invece scarseggiano per tre ragioni: 1) in Italia sono legali solo quelli omologati direttamente dal Ministero del Lavoro, 2) i grandi produttori sono pochi e non tengono dietro alla richiesta, 3) le nuove imprese che entrano sul mercato edile senza i costi fissi di personale, utilizzano il capitale per fare incetta di materiale.
E siccome tutti hanno fretta, si ricorre anche all’importazione illegale da Turchia ed Europa dell’Est, senza bollettino di conformità del Ministero, e spesso di modesta qualità. Se poi a montare un ponteggio usurato ci metti personale senza alcuna formazione, puoi solo sperare nel santo protettore.
Le soluzioni
L’Ispettorato del Lavoro oggi ha solo 239 ispettori tecnici da mandare sui cantieri di tutta Italia a controllare lo stato dei ponteggi; ne arriveranno altri 1000, ma l’anno prossimo! Per l’Ance andrebbe adottato lo stesso meccanismo di certificazione dell’ affidabilità delle aziende edili che operano nel settore pubblico: il certificato Soa.
Anche se operi su edifici privati, poiché esegui lavori con denaro pubblico, dovresti avere un bilancio adeguato all’importo richiesto allo Stato, referenze bancarie, idonee attrezzature tecniche e personale tecnico specializzato. Se fino a ieri vendevi bovini o facevi trasporto merci, non puoi metterti a rivestire edifici di otto piani fino a quando non dimostri di essere affidabile.
L’arrivo di tanti soldi da spendere in poco tempo ha prodotto truffe, lavori non sempre fatti bene, e sacrificato la sicurezza, proprio nel settore che già da anni aveva il triste primato di incidenti sul lavoro.