Francesco Grignetti per “la Stampa”
giuseppe conte e donald trump al vertice nato di londra 1
I cinesi vanno estromessi dal 5G. Viene dal Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, l' ultimatum contro Huawei e Zte perché troppe sono le incognite per affidare il futuro sistema di comunicazioni a società cinesi che per forza di leggi sono tenute a cooperare con lo Stato.
Dopo un anno di audizioni a porte chiuse, arriva una Relazione che non fa sconti ai colossi asiatici. Ed è palese che mentre le società private non avrebbero voluto fare a meno di una partnership orientale che garantisce alta tecnologia a prezzi molto competitivi, è stata l' intelligence di casa nostra a bocciare i cinesi. «Le pur significative esigenze commerciali e di mercato - commenta il Copasir - che assumono un ruolo fondamentale in una economia aperta, non possono prevalere su quelle che attengono alla sicurezza nazionale».
Da notare che la Relazione, non vincolante, è stata approvata all' unanimità dei suoi membri. E se da qualche mese a presiedere il Copasir è il leghista Raffaele Volpi, ex sottosegretario alla Difesa, per buona parte dell' anno era stato Lorenzo Guerini, Pd, attuale ministro della Difesa.
Segnala il Comitato che non ci sono soltanto le pressioni degli Stati Uniti contro Huawei, come anche le ultime deliberazioni molto critiche della Nato e della Commissione europea.
No, ci sono fondati sospetti che il fornitore di tecnologie possa impadronirsi con fin troppa facilità dei dati che attraverseranno la «sua» rete. E sebbene i rappresentanti di Huawei-Italia abbiano sottolineato che l' azienda è un soggetto autonomo e abbiano dichiarato «che non sussisterebbe una normativa interna che autorizzi entità, agenzie o strutture del Governo (la Cina, ndr) a indurre i produttori alla installazione di apparati software o hardware», il Comitato ha ricevuto valutazioni opposte da parte degli 007 italiani.
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Sul punto cruciale non potrebbe esserci divergenza più profonda. «In Cina - scrive il Copasir - gli organi dello Stato e le stesse strutture di intelligence possono fare pieno affidamento sulla collaborazione di cittadini e imprese, e ciò sulla base di specifiche disposizioni legislative. La "National Security Law" obbliga, in via generale, cittadini e organizzazioni a fornire supporto e assistenza alle autorità di pubblica sicurezza militari e alle agenzie di intelligence.
Inoltre, con riferimento alla normativa sulle attività informatiche, la "Cyber Security Law" prevede che gli operatori di rete debbano fornire supporto agli organi di polizia e alle agenzie di intelligence».
Di contro, Huawei fa sapere che «fino ad ora non sono state fornite prove e che qualsiasi accusa contro di essa è motivata puramente da ragioni geopolitiche». Pure Zte, che non è stata audita, informalmente sostiene che dopo avere «aperto per primi un laboratorio di cybersicurezza in Italia», ha dato «concrete prove di indipendenza».
giuseppe conte scrocca un passaggio nella limousine di trump
C' è stato però un caso, scoperto solo di recente, che inquieta. Nel 2009, Vodafone-Italia scoprì che gli apparecchi Huawei avevano una falla nel software, una cosiddetta «backdoor». Huawei ha ridimensionato il tutto a una dimenticanza degli informatici. Vodafone, pur minimizzando i rischi, ha confermato che i tecnici sono riusciti con difficoltà a porre rimedio. «La vicenda, per quanto ridimensionata secondo quanto sostenuto dalle aziende, ha posto in evidenza la permeabilità dei sistemi, e la loro possibile infiltrazione».
In definitiva, «il Comitato non può che ritenere in gran parte fondate le preoccupazioni circa l' ingresso delle aziende cinesi nelle attività di installazione, configurazione e mantenimento delle infrastrutture delle reti 5G».
Fare a meno di Huawei non avrebbe cointroindicazioni tecnologiche, ma economiche: rivolgersi ai concorrenti occidentali costerebbe circa 600 milioni di euro. Ma se le aziende cinesi possono sbaragliare la concorrenza, ciò accade per via della «posizione dominante e dai connessi profitti di cui questi operatori godono in Cina. Permettono di praticare offerte molto competitive».
Perciò il Copasir invita le autorità europee ad investigare sull' ipotesi di dumping.
GLI USA RILANCIANO: LE LEGGI ESCLUDANO QUALSIASI COMPAGNIA NON AFFIDABILE
Paolo Mastrolilli per "la Stampa"
Il decreto Conte sul «golden power» per difendere le infrastrutture digitali italiane dalle minacce straniere va bene, ma non basta. Gli Usa si aspettano la conferma definitiva da parte di Roma che le compagnie cinesi non costruiranno il nostro network 5G. Si capisce da questo commento al rapporto del Copasir, che una fonte autorevole del dipartimento di Stato ha rilasciato a La Stampa: «Noi parliamo in maniera franca con tutti i nostri amici, inclusa l' Italia.
Apprezziamo la collaborazione con i partner e gli alleati, per garantire la nostra sicurezza condivisa nel futuro del 5G». Queste frasi rappresentano un apprezzamento generale per la posizione espressa dal Copasir, ma la parte più importante della dichiarazione di Washington è quella che segue: «I Paesi, gli operatori delle telecomunicazioni e gli utenti dei network devono considerare la sicurezza, quando costruiscono le loro reti 5G.
Le misure nazionali devono essere scritte in maniera da prevenire che qualsiasi compagnia non affidabile, indipendentemente dall' origine nazionale, fornisca la tecnologia per il network». Quindi il decreto Conte è utile, ma al vertice Nato di Londra il presidente Trump aveva detto di aspettarsi che Roma non seguirà la strada di consegnarsi ai cinesi.
In vista della recente visita alla Casa Bianca del presidente Mattarella, un alto funzionario dell' amministrazione Usa aveva detto a La Stampa che «se l' Italia affiderà a Huawei il suo 5G minerà la propria sicurezza nazionale e quella della Nato». Washington non si era spinta fino a prospettare il blocco delle comunicazioni di intelligence con Roma, ma il messaggio era chiaro: «Un sistema 5G basato su fornitori non affidabili come Huawei o Zte metterebbe a rischio la sicurezza delle informazioni che ci scambiamo, ed è qualcosa che dovremmo decidere come gestire.
giuseppe conte e donald trump al vertice nato di londra
Non pensiamo si arriverà a questo punto, ma è un rischio». Quindi era stato rivolto un appello diretto a Palazzo Chigi: «Siamo fiduciosi che un alleato come l' Italia e il suo governo faranno la scelta giusta. Il presidente Trump ha un' alta opinione del suo amico e premier Conte». La fonte dell' amministrazione aveva criticato l' origine del progetto cinese: «Huawei è interamente sostenuta dai finanziamenti del Partito comunista, e il suo stesso fondatore lavorava per gli apparati della sicurezza.
La loro tecnologia è costruita per avere un collegamento diretto con Pechino, attraverso backdoor e falle». Quindi è una minaccia: «Noi pensiamo che se l' Italia si affidasse a Huawei commetterebbe un grave errore, che minerebbe la vostra sicurezza e quella della Nato. Se l' Alleanza, a causa dei suoi Stati membri, non avesse un sistema di comunicazioni affidabile in tempi di conflitto, come potrebbe svolgere la sua missione di proteggere la sicurezza dei cittadini? Se l' interruttore fosse localizzato a Pechino, mettendola in condizione di spegnere a piacimento il sistema delle telecomunicazioni europee, ciò diventerebbe una minaccia non solo per la sicurezza dell' Italia, ma dell' intera Nato».
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Neanche la giustificazione economica regge: «Huawei offre prezzi bassi perché è sovvenzionata dallo Stato sul mercato interno e su quello internazionale, ma i suoi prodotti non sono affidabili come dice. Al principio la loro offerta può essere più economica, ma alla lunga il prezzo per la sicurezza e la privacy dei cittadini italiani e della Nato non vale questo risparmio iniziale». L' alternativa tecnologica esiste: «Huawei non ha mai realizzato un sistema 5G all' estero. Negli Usa invece stiamo già costruendo la nostra rete, con affidabili compagnie europee come Ericsson e Nokia, e americane».
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