Concetto Vecchio per “la Repubblica”
Professor Cacciari, come spiega il gradimento crescente di Luca Zaia?
«Ha affrontato la pandemia in maniera intelligente e accorta, ma Zaia viene da lontano. La Lega in Veneto, sin dai tempi remoti di Franco Rocchetta, ha sempre avuto cura di allevare una classe di amministratori che avesse nell' attenzione per l' ente locale il suo punto di forza».
La Lega in Veneto è la nuova Dc?
massimo cacciari a otto e mezzo 1
«Diciamo che ha ereditato le forme di governo del Veneto bianco, allargandone il dominio».
Zaia è un doroteo?
«Sì, nel senso che ha un talento per la mediazione e il compromesso. E in questa abilità ci metterei la modestia, ovvero la capacità di stare al suo posto. È stato per un mandato il vice di Galan senza farsi mai notare, e senza nemmeno accorgersi degli scandali dell' allora governatore».
Farà le scarpe a Salvini?
«Non ci pensa affatto. Non gli conviene impelagarsi in una lotta interna. Lo osservi: non gioca ad apparire, non fa il presuntuoso. Forse in cuor suo aspetta che Salvini si logori da solo, ma sa anche di militare in un partito che è una contraddizione di termini».
In che senso?
«La Lega ha le sue ragioni nel rafforzamento delle autonomie, ma dall' altro lato è un partito "leninista". Era già così con Bossi, ed è così anche con Salvini».
I leader populisti sono in crisi?
«Dubito che sia quella la tendenza. La gestione della pandemia è stata da parte del governo quanto più presidenziale e statalista possibile. Il Parlamento è in quarantena e Palazzo Chigi governa a colpi di decreti».
Ma allora come spiegare il calo di Salvini?
«Con la crescita inevitabile di Conte. Nello stato di emergenza è venuto fuori il premier».
Salvini paga il mancato contatto col popolo?
«Per forza. Però vedo che i populismi non sono tramontati neanche a sinistra, basta vedere il governatore campano De Luca».
Ma Zaia incarna lo spirito del tempo?
«Sì, ma potrà capitalizzare questo consenso con la fase 3, in autunno, quando si capirà se Conte saprà affrontare la recessione. Ci attendono almeno un milione e mezzo di disoccupati e milioni di nuovi poveri».
Cosa prevede?
«A quel punto la responsabilità potrebbe essere tale che si imporrebbe una fase di unità nazionale, come nel 2011, con lo spread a 500. In questo scenario anche Zaia potrebbe giocare le sue carte».
Insomma, il modello Veneto non è stato solo il frutto della buona sorte?
«No, ma di indagini a tappeto sui contagiati Covid e di una medicina di base forte, a differenza della Lombardia».
Conte come se l' è cavata?
«È a capo di un governo debole e impaurito, consapevole che l' epidemia potrebbe travolgere il sistema sanitario. E quindi la sua strategia consiste nel farci stare a casa il più possibile, con alcune decisioni che sono tra l' illogico e il comico».
A cosa si riferisce?
«Lasciando perdere la storia degli affetti stabili, mi spiega perché io posso vedere un congiunto in regione, ma uno di Desenzano non può incontrare un familiare a Peschiera, o uno di Massa Carrara non può recarsi a La Spezia? E perché un tabaccaio può aprire, e un negozio di abbigliamento no? E l' estetista, che lavora con mascherina e guanti, perché deve stare ferma?».
Qual è stato l' errore più grande del governo?
«Non bisognava passare dalle banche per il finanziamento, ma versare le somme direttamente sui conti correnti. Non si rendono conto che molte imprese stanno morendo.
Moltissimi imprenditori non riapriranno più. Un errore drammatico».
Perciò lei non ha firmato l' appello pro Conte degli intellettuali di sinistra?
«Ma guardi che io mi auguro che ce la faccia, però dovrà fare meno errori».