Giancarlo Dotto per Dagospia
I figli di nessuno (modo elegante e melò per insinuare che tua madre era una mignotta e, comunque, in ogni caso sempre meglio figli di nessuno che figli delle stelle) spezzano le reni ai bulgari che, apprendiamo dal vecchio Trap, hanno “un potenziale pericoloso che tutti conosciamo”. Mah. Serata molto melò nella terra di Scarlatti e necessarie le lenti antiriflesso per schermare lo scalpo fosforescente di Antonio Conte che suda bestia e canta modello “..siam pronti alla morte, l’Italia chiamò”, doppiato in tribuna dal botolo federale e uno che sembra il presidente del senato e lo è.
Reietto il cittì tricolore come Yvonne Sanson che, in “I figli di nessuno”, l’unico film a non lieto fine di Raffaello Matarazzo, un genio, si fa suora e si chiude in convento dopo una sfilza di sciagure, mentre il nostro, Conte, non vede al contrario l’ora di evadere dalla clausura azzurra in braccio al suo aitante Amedeo (Nazzari), un facoltoso presidente di club.
I due Rai che ci raccontano la partita fanno di tutto per convincerci che stiamo giocando una partita della madonna e quasi ci crediamo, non fosse che dopo un tempo il risicato vantaggio, un più che generoso rigore marcato da De Rossi, è tenuto vivo da un miracolo di Buffon. Nella ripresa le cose non cambiano, parata di Buffon inclusa, non cambia l’inspiegabile entusiasmo dei due favellatori, al di là dell’abisso anagrafico che li divide. Di buono, si dice in questi casi, i tre punti che valgono, poche storie, l’Europeo.
Uno dei due che ce la raccontano è il Trap, seconda voce, meglio dire c’era una voce o una voce fa, riedizione spompata del vecchietto decrepito da Far West. Impennare i telecomandi non basta. Ora, da vecchi, il peggio che ti possa capitare non è essere ignorati o dimenticati, una benedizione, ma degradati a macchietta da dare in pasto, in questo caso, agli ultimi postulanti della caritas televisiva.
Troppo facile e dunque volgare massacrarlo il Trap, struggente nel suo cocciuto non voler mollare la presa e anima troppo elementare per fiutare la trappola dei mignottoni che lo ingaggiano. Meglio lui, in ogni caso, cioè la parodia negazione del commentatore tecnico, con i suoi guaiti da ospizio inospitale, interiezioni, anacoluti e metafore ruspanti, “Mamma mia…non l’ha presa!”, “bene!”, “bello!”, “bravo Gigi!”, “noooo!”, “siiiì!”, “meno male”, “l’area intasata di gambe” e “tutto sommato la partita la stiamo facendo noi”, che il lessico tecnocrate dei nuovi, polli e voci d’allevamento, tra “diagonali”, “sovrapposizioni”, “dai e vai”, “filtranti”, “aree pulite”, “palle coperte e scoperte”. Che palle!
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