Era un ventennio che la Serie A non andava economicamente così male. Erano, quelli, gli anni delle spese folli e del decreto “spalma ammortamenti”, la scialuppa di salvataggio lanciata dal Governo a un settore in default tecnico. Lo scrive la Gazzetta dello Sport nella sua inchiesta sui bilanci. Un ritratto impietoso della sedicente “grande industria” calcio italiano.
“Il conto economico 2022-23 dei club di massima divisione si è chiuso in rosso per oltre 400 milioni, 427 ad essere precisi. Non è nemmeno bastato contabilizzare 587 milioni di plusvalenze dalla vendita dei calciatori, tornate quasi ai livelli massimi in Italia”.
“A fronte di 3 miliardi di ricavi (al netto delle plusvalenze), i 20 club di A registrano 3,85 miliardi di costi, di cui 1,9 per gli stipendi e 0,8 per gli ammortamenti dei “cartellini” dei calciatori. Può reggere un sistema così?”.
“Gli stipendi della Serie A sono di 130 milioni superiori al 2018-19, mentre il peso degli ammortamenti non si è alleggerito. Quanto ai ricavi, la crescita è quasi tutta frutto di contingenze. Nel 2022-23 emergono 300 milioni in più rispetto al 2018-19, ma 200 derivano da maggiori introiti dalle coppe europee, tra premi Uefa e botteghino.
La scorsa stagione è stata quella dell’exploit delle italiane: tre squadre in finale nelle tre competizioni, altre due in semifinale tra Champions ed Europa League. Trattasi, quindi, di entrate una tantum. E l’incremento dei proventi commerciali è drogato dai 70 milioni delle sponsorizzazioni in famiglia (sottoscritte, cioè, dalle controllanti di Cremonese e Fiorentina) che nel 2018-19 erano assenti. Ciò significa che i ricavi strutturali della Serie A, al netto di congiunture favorevoli, sono praticamente fermi”.
“Nell’ultimo decennio il torneo italiano è quello che è cresciuto di meno: +60% contro il +130% degli inglesi, il +100% degli spagnoli e il +80% dei tedeschi. E, in tempi più recenti, si è avvitato in una stagnazione plasticamente rappresentata dagli esiti delle ultime aste dei diritti tv”.
Secondo la Gazzetta “solo due squadre non hanno debiti con le banche, Fiorentina e Monza, non a caso sostenute massicciamente dalle rispettive proprietà. Tra le grandi, Napoli, Milan e Atalanta sono quelle meno indebitate. Sono le stesse che hanno chiuso in utile gli ultimi bilanci (assieme a Lecce e Sassuolo). Di contro, Juventus, Roma e Inter sono quelle con le perdite più elevate: 312 milioni in tre”.