Gabriele Romagnoli per "la Repubblica"
La chiamano Generazione Z (comprende i nati tra il 1996 e il 2010), ma dovrebbero ribattezzarla Generazione HL. Gli highlight, i momenti principali, sono ciò che ama guardare dello sport, ma non solo: rappresentano il paradigma della vita per come la osservano.
Già i millennial della Generazione Y (nati tra il 1981 e il 1995) avevano iniziato a picconare il muro della realtà riprodotta in scala 1:1 chiedendo velocità, concentrazione, mix di scelte. I successori lo stanno abbattendo: pretendono di avere soltanto il meglio e di poterlo indicare secondo il proprio gusto.
Oltre le macerie vedono i nonni intenti nei vecchi riti, spaventati dal calcio in streaming mentre si spartiscono la torta dei diritti e, anziché renderla più gustosa, la ingrandiscono, togliendole sapore: più squadre e più partite in Champions, la Uefa Conference League che riesuma (per chi c' era e la ricorda) la Mitropa Cup, campionati estenuanti e, per carità, niente play-off.
La generazione HL segue lo sport meno della precedente. Negli Stati Uniti, secondo una ricerca pubblicata a fine 2020, ne è appassionato il 53%, mentre tra i millennial era il 63%.
Quel che più colpisce è la disaffezione alla diretta: meno di un quarto ritiene fondamentale seguire gli eventi mentre accadono. Lo stadio, l' arena, quando erano accessibili, avevano un loro fascino, la televisione molto meno, soppiantata dallo schermo di un congegno portatile. E qui la partita nella sua durata è considerata, questa l' espressione: "un supplizio".
Del racconto si vogliono soltanto i picchi, non le digressioni o la lenta costruzione dell' acme. Ho provato a sperimentare queste conclusioni parlandone con un diciassettenne e mi ha guardato come fossi uno spacciatore di ovvietà. Ha detto di aver tentato di vedere Napoli- Atalanta di Coppa Italia (di per sé, un anti-spettacolo) e di aver presto rinunciato. Nello stesso lasso di tempo, pochi giorni dopo, si è visto «i gol di Suarez con l' Atletico Madrid, il terribile fallo di Castan nel torneo brasiliano, le papere di Alisson contro il City» e una sequela di momenti emozionanti.
Si è perso qualcosa? Forse sì: ridurre tutto a effetti senza considerare le cause non favorisce la comprensione, ma stiamo parlando di spettacolo, non di storia.
Si assiste a una progressiva selezione dei contenuti, in ogni campo, come se la vita fosse divenuta il proprio curriculum. L' avvento di Internet e di un' offerta tendente all' infinito ha ridotto la capacità di attenzione: l' ultima rilevazione (nel 2019) la fissava a 9 secondi, ma è sicuramente in calo.
Dopodiché (ma spesso prima) si passa ad altro, come fa chi sfoglia i volti su Tinder, l' app per incontri, in cerca di quello da contattare per una relazione lampo. Il giorno dopo, di ore di talk show resta una lite, una battuta appena. Per molti è la soddisfacente sineddoche.
A fare da apripista per questa mutazione è stato uno dei settori più frequentati della rete: quello pornografico. Nessuno più fruisce di un intero film a luci rosse.
Quel che si trova on line e appassiona milioni di utenti è una selezione di fasi principali, senza pre e post "partita", ordinata per gesti e protagonisti. L' equivalente sportivo sarebbe una piattaforma dove si possa scegliere (con un noleggio all' istante, un paywall, un abbonamento illimitato) tra le azioni di Cristiano Ronaldo, Messi, Ibrahimovic, oppure tra rovesciate, dribbling, parate decisive.
È proprio questa la richiesta della generazione HL, che tifa meno e ha una passione crescente e trasversale per i campioni. Frana l' interesse per il dibattito: si vogliono le immagini, l' alta qualità non della riproduzione ma dell' azione e che siano sui social, in particolare su Tik Tok o Snapchat. Senza i commenti dei padri davanti alla tv, ma interagendo con gli amici.
Proprio interazione è l' altra parola chiave che la vecchia concezione dello sport e del mondo non aveva nel vocabolario. Il telecronista e la sua spalla rischiano di essere dribblati dalla comunità che interpreta e giudica a modo proprio, desacralizzando in tempo reale con meme e battute.
È considerata democrazia allargata, contrapposta al pensiero unico delle emittenti. Può rivelarsi semplicemente un altro mercato, a cui nuovi soggetti si preparano.
Si chiamerà Buzzer la app, pronta al lancio, che consente micropagamenti per assistere a frazioni di partite o accedere a momenti selezionati dall' utente o preselezionati a seconda degli interessi rivelati. Su misura, anche se, più che un abito, un paio di pantaloncini.
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Potrà sembrare la riduzione di Apocalypse Now a un post-trailer di pochi minuti, o di 9 secondi, ma per certi "supplizi" di 90 minuti ne basterebbero anche meno.