Stefano Carina per "il Messaggero"
Il 4 maggio, giorno dell'annuncio a sorpresa di Mourinho, doveva rappresentare l'inizio di una nuova èra. Ad oggi la Roma è ancora ferma ai blocchi di partenza. Con l'aggravante che molto di quello che sta accadendo, somiglia ad un triste e malinconico déjà vu.
Il tormentone Dzeko (che a dispetto del passato stavolta è pronto a concludersi con la partenza di Edin), il refrain «prima vendere e poi comprare», il mancato arrivo almeno di un grande acquisto riconosciuto, la rincorsa ad un regista che ormai ricorda sempre di più quanto accadde 4 anni fa con Mahrez, la difficoltà di Pinto nel cedere gli esuberi, una squadra incompleta con l'inizio della stagione alle porte.
Il tutto con l'aggravante che lo spauracchio del Fair Play finanziario - che costringeva entro il 30 giugno a sistemare i conti sacrificando pedine fondamentali dello scacchiere - è stato sospeso. In compenso - si dirà - c'è l'indice di liquidità ma grazie alle immissioni di capitale elargite dai Friedkin, Pinto ha un margine di manovra più ampio rispetto ai suoi colleghi, Tare su tutti.
OCCASIONE DA NON PERDERE
Sono trascorsi quasi 100 giorni (97) da quell'annuncio che doveva rappresentare la svolta. E l'entusiasmo che ha accompagnato l'arrivo dello Special One ha fatto sì che dei segnali chiari e inequivocabili lanciati dal tecnico, venissero interpretati come semplice pre-tattica. Rileggerli oggi, fa un altro effetto.
Il low profile, sobrio e misurato, non era una scelta ma una necessità, dettata dalla consapevolezza: «Voi parlate di titoli, noi di progetto sostenibile. Le vittorie? Arriveranno», allungando però il raggio d'attesa a tre anni. Nonostante ciò, nemmeno José si attendeva queste difficoltà. E l'anomalo silenzio che accompagna il suo lavoro è dovuto al fatto che si è reso conto, con il passare delle settimane, che questa poteva essere l'occasione giusta per accelerare i tempi.
L'Inter dopo Hakimi ha ceduto Lukaku (e non finisce qui, leggi Lautaro); la Lazio ha difficoltà ad ufficializzare Felipe Anderson e Hysaj; il Napoli non ha venduto nessuno ma nemmeno comprato; il Milan, più attivo delle altre, ha comunque perso Donnarumma e Calhanoglu; l'Atalanta si appresta a salutare Zapata. Nel discorso potrebbe rientrare anche la Juventus che tuttavia al momento parte avanti ai giallorossi.
Nonostante l'ingaggio di Mourinho e il ritorno di Zaniolo (più i 3 acquisti di Shomurodov, Rui Patricio e Viña, ufficializzato ieri: 13 milioni più bonus), la base della squadra è sempre quella (anzi, senza Spinazzola), reduce da un biennio dove ha collezionato un 5° e un 7° posto.
NIENTE DECRETO CRESCITA
Inutile girarci intorno: la Roma è in ritardo. Soprattutto sul mercato. Senza contare che inizia a palesare un nervosismo atipico. Quanto accaduto l'altra sera a Siviglia, ha trasformato un'amichevole in una corrida. E non può essere il disastroso arbitraggio del signor Vazquez a legittimare 6 espulsi. Perché c'è differenza tra carattere, agonismo e isteria.
Mourinho ha migliorato la fase difensiva che però continua a subire reti per gravi errori dei singoli, tra cui Rui Patricio. Ad oggi, José - per mancanza d'interpreti - non ha mai provato il terzino sinistro (Viña), non ha il regista richiesto (Xhaka) e alla ripresa degli allenamenti, nemmeno più Dzeko. Che sarà certamente rimpiazzato. Difficilmente con Icardi a meno che il Psg non intenda partecipare all'ingaggio.
Il Decreto crescita, soluzione per rendere possibili stipendi-monstre, all'argentino non può essere applicato. Questo perché Maurito è passato al Psg il 3 settembre del 2019 ma ha ritardato diversi mesi a trasferire la residenza, facendo venir meno una delle due condizioni di applicabilità. Ossia per i lavoratori che non sono stati residenti in Italia nei due periodi d'imposta precedenti il predetto trasferimento.