Andrea Schianchi per la Gazzetta dello Sport
Dopo aver conquistato la Spagna e l' Italia, i navigatori olandesi dell' Ajax, che hanno nel dna il senso dell' avventura, vanno a prendersi pure Londra e ipotecano il biglietto per la finale di Champions. Il gol di Van de Beek manda al tappeto un Tottenham che, con la forza della disperazione, prova per tutto il secondo tempo a risollevarsi, ma contro questi ragazzini terribili sembra proprio che non ci sia nulla da fare, quest' anno. Se nella prima parte della sfida la squadra di Ten Hag domina, palleggia e affonda sospinta da quell' entusiasmo e da quella spensieratezza che, da sempre, sono le ali della gioventù, nella ripresa gli olandesi dimostrano saggezza, equilibrio e anche quella necessaria dose di cinismo che serve quando si deve raggiungere un traguardo.
Allora si vede Blind spedire il pallone lontano dall' area con un calcione lungo, si ammira una scivolata di De Ligt che chiude la strada a Dele Alli, si applaude il senso tattico del talentino De Jong che si sacrifica in un lavoro tanto prezioso quanto oscuro. Meno sfarzo del solito e più concretezza, insomma.
A noi italiani fa male non esserci, non partecipare, e doverci limitare alla parte degli spettatori. Ma la qualità del gioco mostrata da Ajax e Tottenham, e immaginando quella che potranno mettere in campo questa sera Barcellona e Liverpool, spiega la ragione per la quale le nostre squadre sono fuori dal regno della bellezza. Juve, Inter e Napoli, in tempi diversi, sono state vittime delle attuali quattro semifinaliste. E, analizzando ciò che le formazioni italiane possono produrre, a livello fisico e tecnico, e confrontandolo con quello che, invece, mostrano i club stranieri, non resta che alzare bandiera bianca.
Quando mai, in Champions League, i nostri hanno giocato a ritmi alti, imponendo il proprio gioco con coraggio e stile? A tratti, ieri sera, specialmente nel primo tempo, quando l' Ajax teneva il campo con personalità e ricamava azioni su azioni, a chi ha i capelli ingrigiti dal tempo è parso di essere improvvisamente tornato indietro agli anni Settanta, che saranno anche stati «di piombo», proteste e violenze nelle strade, ma ci hanno consegnato quel gioiello di squadra nella quale giocavano Cruijff e Neeskens, Krol e Keizer, Haan e Johnny Rep. Era l' Ajax degli eroi, e non è il caso di fare paragoni. Però la suggestione resta, e la memoria, quando non si trasforma in nostalgia, è un esercizio da coltivare alla ricerca della bellezza.
Quel Van de Beek, che si muoveva tra centrocampo e attacco con la leggerezza di una farfalla, e poi lo trovavi anche in difesa a dare una mano ai suoi compagni, a qualcuno ha ricordato, per stile e per generosità, l' immenso Neeskens. Una differenza, tra le tante: i ragazzini di oggi hanno i capelli corti, tagliati a spazzola; quelli di ieri stupivano il mondo anche per le loro lunghissime chiome.
E questa sera sale sul palcoscenico Sua Maestà Messi. Impegno tutt' altro che semplice, perché di fronte si troverà il Liverpool che ha nella velocità di esecuzione e nel pressing ultraoffensivo i suoi punti di forza. Il Camp Nou sarà strapieno, novantamila innamorati di calcio che chiedono un dribbling, un tunnel, un cross, un gol. C' è bisogno di splendore in questo universo sempre più incattivito, e se ieri è toccato a Ten Hag e ai suoi ragazzini regalare gioia, ora sono Messi, Salah, Suarez e Manè a doversi impegnare.
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Pronostico impossibile, anche se il Barcellona pare leggermente favorito. In ogni caso, per chi come noi italiani può soltanto assistere, che giochino al massimo pensando al primo vero obiettivo: dare allegria.
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