Estratto da Gente
Carlo Sama è stato per quasi due decenni al fianco di Raul Gardini, soprattutto in quegli anni 80 che hanno segnato la grande cavalcata del top manager della Ferruzzi, dalla conquista della Montedison alla scommessa di Enimont, dalla creazione di un grande gruppo industriale di portata internazionale alle sfide veliche in Coppa America con il Moro di Venezia. Gardini e Sama avevano sposato rispettivamente Idina e Alessandra, due delle figlie di Serafino Ferruzzi, il fondatore del gruppo (gli altri due figli erano Arturo e Franca).
Le loro strade si erano separate nei primi anni 90, quando ci fu la rottura tra Raul e Idina da una parte e il resto della famiglia dall’altro. Di lì a poco, nel 1993, Gardini, travolto dall’inchiesta Mani pulite, si suicidò. Ora una docufiction, andata in onda domenica scorsa su Rai1, ripercorre parte di questa storia. Ma con una serie di errori e omissioni che Sama stesso, come testimone privilegiato, ha voluto ricostruire per Gente nell’articolo che segue. (u.b.)
Estratti dell’articolo di Carlo Sama per Gente
Il docufilm su Raul Gardini è assai criticabile perché, anziché ricostruire la sua vera storia, fornisce di lui un’immagine quasi caricaturale. Il contrasto tra i dialoghi egocentrici, vanesi e logorroici del Raul Gardini fittizio inventato dalla sceneggiatura e le interviste contenute nello stesso docufilm al Gardini reale, uomo schivo e di poche parole, semplici ed efficaci, è abissale. Ne avranno avuta chiara evidenza sin da subito i telespettatori.
La sceneggiatura, inoltre, anziché esplorare le ragioni che hanno prima portato allo straordinario successo mondiale e poi alla crisi del Gruppo Ferruzzi-Montedison e al suicidio di Gardini, si appiattisce sotto forma di una squallida telenovela sui presunti contrasti tra Gardini e gli altri membri della famiglia Ferruzzi: una sceneggiatura che appare evidentemente ispirata esclusivamente dalle testimonianze e dal risentimento, una sorta di vera e propria regia, di ex manager minori espulsi dal Gruppo Ferruzzi nonché degli stessi eredi Gardini.
fabrizio bentivoglio raul gardini
Nonostante il docufilm contenga alcune testimonianze di notevole valore personale e storico (Muti, Zeffirelli, Cayard, Fortis), esso si riduce perciò nella sua parte sceneggiata e recitata al rango di un mero strumento di gossip di quart’ordine e di vendetta mediatica contro Alessandra (e il sottoscritto, in quanto suo marito), Arturo e Franca Ferruzzi, rei, secondo il docufilm, di “aver tradito” Gardini. Cosa mai avvenuta nella realtà. (…)
Immediatamente all’inizio del docufilm appare un quadro con scritto “Chi ha tradito Raul?” che introduce uno dei temi chiave poi ripetutamente ripreso nel corso del filmato: Gardini sarebbe stato tradito dalla famiglia Ferruzzi, la quale, secondo la sceneggiatura, gli avrebbe fatto mancare il proprio appoggio nei momenti decisivi della sua vita di leader del Gruppo. Si tratta di un falso storico grave, perché la famiglia Ferruzzi non ha mai fatto venir meno il suo totale sostegno a Raul (…) Riguardo a Enimont, va subito detto che la decisione della vendita della quota di Enimont in possesso di Montedison fu presa dallo stesso Gardini in totale autonomia e comunicata solo in seguito agli altri membri della famiglia Ferruzzi.
In un solo caso Arturo Ferruzzi e le sorelle Alessandra e Franca hanno contestato Gardini: in occasione della sua inaccettabile proposta di redistribuzione immediata e totalmente arbitraria delle quote azionarie di controllo del Gruppo Ferruzzi-Montedison tra i figli di Arturo, Alessandra, Franca e Idina, cioè direttamente a favore delle terze generazioni, con grave pregiudizio patrimoniale per le seconde generazioni ancora viventi. È su questo unico aspetto controverso, sul quale Raul Gardini si impuntò in modo ostinato, che maturò la separazione tra la famiglia Gardini e gli altri figli di Serafino Ferruzzi.
fabrizio bentivoglio raul gardini
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Dal docufilm emerge una contrapposizione netta tra la figura di Gardini, presentato come un genio assoluto degli affari, dell’industria e della finanza, e gli altri membri della famiglia Ferruzzi, fatti passare in modo irriverente per persone senza alcuna competenza professionale e conoscenza del mondo del business, nonché come figure pavide o perennemente dubbiose sulle scelte di Raul. Ciò è estremamente lesivo dell’immagine dei membri della famiglia, in particolare di Alessandra e Arturo Ferruzzi, più volte protagonisti negativi, impacciati o ridicoli, di scene del docufilm. In questi casi, la sceneggiatura rappresenta una distorsione dei fatti storici, strumentale e priva di fondamento. (…)
In realtà, nella storia economica mondiale vi sono ben pochi casi in cui una famiglia (come quella dei Ferruzzi) ha messo a disposizione di un manager (come Gardini) un patrimonio così ingente dandogli pieni poteri su un lunghissimo arco temporale e sostenendolo sempre con coraggio anche in fasi complesse e finanziariamente sfidanti come la scalata di Montedison o le vicende di Enimont.
pilar fogliati. fabrizio bentivoglio raul gardini
(…) È indubbio che Gardini sia stato un personaggio straordinario (…). È altrettanto indubbio, però, che Gardini aveva anche dei limiti, come tutti gli esseri umani, e che la sua opera come manager è anche costellata di alcuni errori decisivi che molto hanno pesato sul destino del Gruppo Ferruzzi e di cui il docufilm non parla affatto. Innanzitutto, dopo la scalata di Montedison, Gardini non si preoccupò minimamente di ridurre l’indebitamento della Ferruzzi. (…) Gardini non si rivelò, in Montedison, un amministratore e un ristrutturatore efficace come lo era stato in Ferruzzi, dove i suoi manager storici erano di ben altro livello e lo avevano sempre supportato con successo. Tuttavia, ciò premesso, curiosamente e in modo assolutamente ridicolo, in alcune scene conclusive del docufilm è invece Gardini a rinfacciare agli ex famigliari di Ferruzzi di non aver venduto degli asset non strategici in epoca successiva in modo da ridurre l’indebitamento!
(…)
In un’altra sequenza, di fronte all’opportunità di comprare o vendere la quota detenuta da Montedison in Enimont la sceneggiatura si immagina una riunione tra Gardini e i membri della famiglia Ferruzzi in cui questi ultimi vogliono vendere la quota e mettono in minoranza Raul che invece vorrebbe comprarla. Gardini si mostra adirato con i famigliari a cui rinfaccia che “era un rischio che si doveva correre”. Si tratta di una riunione in realtà mai avvenuta perché la decisione di uscire da Enimont fu presa direttamente da Gardini in totale autonomia e comunicata solo successivamente ai membri della famiglia. Non solo. A essi Gardini comunicò anche che intendeva dare le dimissioni da presidente del Gruppo e da tutte le cariche da egli ricoperte in Italia, in segno polemico verso il sistema politico italiano che lo aveva messo con le spalle al muro sulla vicenda Enimont. E i famigliari furono altresì informati che la presidenza del Gruppo sarebbe stata presa da suo figlio Ivan. (…)
Maturò in seguito anche la decisione di Gardini di redistribuire le quote di controllo del Gruppo Ferruzzi detenute dai quattro figli di Serafino ancora viventi direttamente ai loro figli, mantenendo Ivan Gardini nel ruolo di presidente della Ferruzzi. Si trattò di un piano forzato, una proposta di esproprio a dir poco rocambolesca, che non poteva evidentemente trovare d’accordo Arturo, Alessandra e Franca. L’ostinazione di Gardini nel portare avanti a tutti i costi questo assurdo piano, senza lasciare ai parenti alcuna alternativa, generò la rottura con gli altri membri della famiglia. (…)
Un’altra grave distorsione della storia è rappresentata da come si raccontano le vicende del Moro di Venezia. (…) Nel docufilm gli sceneggiatori cercano di dimostrare che se il Moro non è riuscito a vincere la finale di Coppa America è per colpa dei membri della famiglia Ferruzzi che non avrebbero concesso a Gardini ulteriori finanziamenti per costruire una imbarcazione tecnologicamente più avanzata e all’altezza della sfida finale. Vi è addirittura una sequenza del tutto inventata in cui Gardini incontra Arturo Ferruzzi per chiedergli altre somme di denaro da investire nel Moro ma Arturo gliele nega a male parole. La Montedison ha invece profuso ogni energia per sostenere l’avventura di Gardini nell’America’s Cup: 160 miliardi di lire solo di sponsorizzazione, oltre a decine di milioni di dollari direttamente dal patrimonio degli eredi Ferruzzi. (…)
Invece gli sceneggiatori del docufilm sono riusciti a creare un falso storico, totalmente assurdo, secondo il quale Gardini fu lasciato finanziariamente solo ad affrontare la finalissima.
(…) Appare quindi evidente una volta di più che la sceneggiatura del docufilm è principalmente imperniata su una denigrazione reiterata della famiglia Ferruzzi, che avrebbe costantemente “tradito” la fiducia di Gardini. (…)
Infine, anche nelle vicende finali di Enimont e dell’inchiesta giudiziaria a esse collegata, il docufilm non perde l’occasione per far passare Gardini come una “vittima” che non ha potuto difendersi dalle accuse dei magistrati perché “già fuori dal gruppo”. Come se non avesse presa lui stesso, prima della separazione dai famigliari, la decisione di vendere Enimont.
Non solo. La deceduta moglie di Raul, Idina, evidentemente male informata lei stessa dal marito, dichiara in un passaggio del docufilm che io e Sergio Cusani non avevamo dato a Gardini la documentazione per potersi difendere, cosa totalmente falsa perché eravamo regolarmente in contatto e l’abbiamo sempre supportato, offrendogli perfino la totale disponibilità per la copertura delle sue spese legali da parte del Gruppo.
(…) In definitiva. Il docufilm ha perso la grande occasione per raccontare il Gardini “vero”, l’imprenditore, il sognatore, il velista, coi suoi successi e i suoi errori, dipingendolo invece come un vincitore mancato per colpa di una inesistente e costante congiura dei famigliari ai suoi danni. Il docufilm, cioè, è riuscito nella vergognosa impresa di dipingere Arturo, Alessandra, Franca Ferruzzi e il sottoscritto, come i principali responsabili di un destino conclusosi male, quello di Raul Gardini, che è invece sempre stato esclusivamente, nel bene e nel male, nelle sue mani.
Carlo Sama
GARDINI MORO 11 gardini cayard