La Süddeutsche Zeitung sfotte Caressa e Bergomi, la loro telecronaca di Italia-Austria, e in genere la narrazione italiana molto incentrata sugli azzurri e pressoché nulla sulla bravura degli avversari. Non è la prima volta che il quotidiano punzecchia Caressa, lo aveva fatto anche in occasione di Psg-Atalanta di Champions.
"Gli italiani sono ora ai quarti di finale, ma per ora l’hype (la montatura, le esagerazioni, ndr) sul loro bellissimo e leggerissimo gioco del turno preliminare è svanito. Una burrasca austriaca e la facilità azzurra è sparita. (…) Il cielo ha aiutato, grazie al cielo – probabilmente non è possibile elogiare gli austriaci. C’è da dire dell’invocazione del trascendente, ma prima ancora della capacità di soffrire degli Azzurri a Wembley a Londra".
Dopodiché Oliver Meiler va all’attacco di Caressa e Bergomi.
In media, Caressa confonde il nome di un giocatore una decina di volte a partita. Il centrocampista austriaco Florian Grillitsch, ad esempio, per lui ha continuare a toccare palla anche quando non era più in campo. Ha sbagliato anche i calciatori dell’Italia.
Ricorda i momenti fissi di Caressa: il monologo di inizio partita carico di pathos. “L’arbitro manda tutti nello spogliatoio per un tè caldo”. A fine partita: “L’arbitro dice che ora basta”.
"Non lo dice di tanto in tanto, sempre, sempre. Devi ascoltarlo anche se stai seguendo la partita su un altro canale. Ci sono delle meravigliose parodie del duo Sky online".
Il primo tempo scorre fluido. L’Italia domina. Poi, però, arriva la ripresa.
"Dopo il tè, però, tutto era diverso. (…) L’Austria ha addirittura segnato l’1-0 (65esimo), fortunatamente per l’Italia in fuorigioco. Caressa al 69′: “Soffriamo terribilmente”. Caressa al 75′ per Bergomi e la nazione unita: “Beppe, quanto stiamo soffrendo stasera!” Bergomi al 79′: “L’Italia ha perso la testa, siamo ogni minuto più nervosi”. Caressa all’86’: “E continuiamo a soffrire. La paura è scritta sui volti dei nostri giocatori”. Caressa all’89’: “Notte lunga, lunghissima, Beppe”.
Supplementari, si prosegue.
"Caressa ha avuto un lampo di ispirazione: “È come nella vita reale”, ha detto, “se vuoi vincere, devi essere in grado di soffrire”. Forse è meglio guardare la soporifera Rai?"
"Caressa e Bergomi avrebbero potuto consigliare cambiamenti, correzioni tattiche, ma erano immersi nella sofferenza mentre guardavano. Dipendeva dal fatto che Marco Verratti, il nome più famoso di una squadra di anonimi, spesso ronzava perfettamente intorno al proprio asse a centrocampo, ma non smistava quasi nulla in avanti. In generale, tutto il centrocampo della Nazionale era sorprendentemente piatto e lento, molto meno diretto che nelle prime partite".
Poi entra Chiesa.
"La svolta però è arrivata grazie all’alternanza di fede e chiesa: Federico “Fede” Chiesa ha nel suo nome due componenti, fede e chiesa, che inducono i giornali italiani a fare giochi linguistici. (…) Dalla panchina arriva anche il secondo marcatore degli italiani, Matteo Pessina. Il Paese è felice anche di rendere omaggio a lui, un “bravo ragazzo”, un bravo ragazzo, per la sua vita fuori dal campo: Pessina dall’Atalanta di Bergamo, 24 anni, ora quattro gol in otto partite internazionali – una media notevole per un centrocampista – sta studiando economia presso un’università di Roma. E anche questo aspetto della vita reale non viene mai trascurato da Caressa e Bergomi".