Estratto dell’articolo di Emanuela Audisio per “la Repubblica”
Mister Gold sembra un guru, si è fatto crescere la barba, ha due orologi Omega al polso, di cui è Ambassador, una catena d’oro a più giri al collo, vari braccialetti ai polsi.
In acqua era l’uomo fatto pesce, fuori il pesce fatto uomo.
Michael Phelps, 39 anni, è a Parigi come commentatore della Nbc. Ha lasciato otto anni fa: 5 Olimpiadi, 28 medaglie, 23 d’oro.
Le è tornata voglia per caso di ributtarsi in piscina?
«Bè, quel tipo di atmosfera mi manca, quando senti il tuo inno sul podio la voglia un po’ di ritornare c’è. Ma ho trovato altri modi per competere, anche con gli amici. Sono in pace, non ho più bisogno di quel tipo di successo. Ho quattro figli, Broomer, 8 anni, Beckett, 6, Maverick, 4, e Nico che è nata a gennaio. Papà, mi ha chiesto Maverick, potresti tornare in piscina? Sì, certo, gli ho risposto, però poi papà non potrebbe più prepararti la colazione, né cenare con te, né portarti al parco. Non lo vedresti più per un anno. Allora no, è stata la sua risposta».
Il record mondiale del cinese Pan a tutti sembra troppo mostruoso.
«Il suo 46”40 nei 100 stile è incredibile, ma non si può puntare il dito se non si hanno prove. […] Non penso di aver nuotato in acque pulite, ma fare i controlli non è compito dell’atleta. Se ai blocchi di partenza pensi: quello è sporco, l’altro pure, hai già perso».
[…] Il villaggio non soddisfa gli atleti.
«Io ci sono sempre stato. Cinque Olimpiadi e tutte al Villaggio. Stavo comodo? Era perfetto? No. Avevo i piedi che penzolavano fuori perché i letti erano troppo corti. Faceva caldo? Sì. Ci portavamo due ventilatori. E anche un materassino. Ma non sarei mai andato in albergo, in quella città c’è il mondo. Andare in mensa era un’esperienza, corpi diversi, giganti, piccoli, occhi e visi che si aprono su altri continenti».
Crede che le Olimpiadi possano fare male ai giovanissimi?
«Le mie prime sono state a Sydney, avevo 15 anni. Ero il più piccolo e lo vedevo, gli altri erano tutti adulti, con corpi già formati, più forti, più esperti. Ma io volevo solo avere l’opportunità di gareggiare. Mi ha fatto male solo una cosa, non vincere. Sono stato eliminato subito, ma sei hai talento e sei predisposto verso lo sport non vedo controindicazioni».
Il francese Léon Marchand è un fenomeno?
«Sì. Lo dicono le sue quattro medaglie d’oro. Si allena all’Arizona State University con Bob Bowman, mio ex allenatore. Mi manda spesso messaggi, mi chiede consigli su tutto. Ma non è una mia replica, è Marchand, non è giusto dire che uno è la copia di un altro, ognuno ha la propria originalità, e se batterà i miei record sarò contento. Ma so anche la fatica che mi sono costati, però quello che motiva tutti è la voglia di arrivare primi. Io non accettavo di scalare di un posto».
[…]
Gli Usa non dominano la piscina come prima.
«Il nuoto si è aperto a altri mondi e questo è un bene. Non è solo una guerra Usa-Australia. Voglio ricordare che noi americani siamo molto amici dei nuotatori australiani, solo che in gara vogliamo ucciderli, sportivamente. In corsia sono tutti nemici. Eh, sì: abbiamo perso qualche gara, sembra ci sia un problema nelle virate. Ma a Los Angeles nel ’28, a casa nostra, la musica sarà diversa».
La sua opinione su Thomas Ceccon?
«L’ho visto dormire accanto alla panchina. Si vede che ne aveva bisogno, sarà stato costretto dalle circostanze».
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