Estratto dell’articolo di Emanuela Audisio per la Repubblica
«Ne me quitte pas » loro non la potrebbero cantare. Perché non ti lasciano andare, proprio non c’è verso, non è gente che implora. Ti restano avvinghiati, non ti fanno respirare, magari si fingono morti (Djokovic), ti illudono di stare per naufragare. Ma quando mai. Risalgono la corrente e immobilizzato nel vortice ti ci ritrovi tu, vedi sempre Khachanov con Djokovic.
È in arrivo domani la semifinale che segna un’epoca, che dirà se un’era, quella dei Big 3 ridotta a Big 1 (niente Federer, Nadal operato) può ancora regnare o se deve cedere il passo. Il tennis in cima torna a respirare aria di gioventù. E mette in scena il vecchio capobranco, Djokovic, contro il nuovo, Alcaraz.
L’uomo dei 22 Slam in cerca del 23° (sarebbe l’unico), n. 3 del mondo, contro il ragazzino n. 1 che ne ha vinto uno (New York).
Due rabbie contro: molto diverse, una più fresca, di un figlio che fa simpatia, l’altra più stagionata di un papà che merita rispetto. C’è quella ventenne di Carlitos (Alcaraz), spagnolo, “El Murciano”, post-millennial, allegramente prepotente, che vuole solo vincere nella delirante tirannia che si ha da giovani, quando non si sopportano attese e nessun sogno sembra troppo pesante. E quella vecchia, cresciuta nella guerra, ansiosa di continue rivincite, piena di cause (proSerbia, New Age) del 36enne Djokovic che sembra non essere più lui, dal motore ingolfato, in crisi di fiducia, che però al momento decisivo (tie-break o quinto set) si ritrova drago.
Lo dimostrano i numeri: 45ª semifinale in un torneo del Grande Slam, 12ª semifinale a Parigi. Non un Oblomov. Stavolta è solo, nel ruolo del vecchio pistolero, a fronteggiare la next-gen che sembra molto poco next, nel senso che è già qui, e chissà se soffre la mancanza dei suoi vecchi cari punti di riferimento. Però mai dare per vinto Djokovic che si alimenta nelle difficoltà, che per reagire e ruggire ha bisogno di vento contro.
Un solo precedente tra di loro un anno fa a Madrid (sempre in semifinale), vinse Carlitos (7-6 al terzo) dopo tre ore e mezza di tennis strepitoso. Il greco Tsitsipas, annientato da Alcaraz, come scusa ha detto di aver preso troppa melatonina (in effetti sembrava cloroformizzato) e ha pronosticato il successo dello spagnolo: «Novak ha più esperienza, Carlos più gambe, te lo ritrovi ovunque, corre come Speedy Gonzales».
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