Giancarlo Dotto per Dagospia
luciano spalletti dopo italia croazia
Italia-Croazia, minuto ’98. A sette secondi dalla fine, l’Italia è un treno che si sta schiantando contro un muro. Sotto di un gol e l’arbitro con il fischietto alla bocca. No, non è un remake quarant’anni dopo del film di Andrej Konchalovsky. Il gol di Zaccagni, il suo primo in azzurro, salva l’Italia dalla possibile eliminazione e la porta agli ottavi degli Europei con la Svizzera.
Mucchio selvaggio in campo. Mai così selvaggio. Nell’intervista a seguire Spalletti, che aveva esultato come forse mai nella sua vita, è un animale ferito. Non sa dirsi felice, non sa darsi pace.
Sa dirsi e sa dire solo quanto ha tribolato prima di esultare. Si scaglia contro il giornalista che biasima la “troppa prudenza”. Luciano, prima ancora di Spalletti, regala al mondo una sintesi esemplare, la confessione onesta di quello che è lui, la sua testa, la sua storia di allenatore. Quel gol, le parole e la faccia di Spalletti a fine partita sono il manifesto della sua vita e il titolo della sua eventuale biografia: Il paradiso esiste…ma quanta fatica!
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