Estratto dell'articolo di Alessandro Previati per “la Stampa”
Se persino il presidente della Fifa, Gianni Infantino, ha voluto dire la sua sul caso dei bimbi scartati dalla squadra di calcio perché «troppo scarsi», è evidente che il mondo del pallone non è rimasto indifferente a quello che è successo a Rivarolo, piccolo centro del Canavese, terra di mezzo tra Torino e Ivrea.
La stringente selezione operata dalla società calcistica locale nei confronti dei bimbi di 9 e 10 anni, sostituiti con altri più bravi ma provenienti da fuori città, in molti ambienti è stata bollata come «parte di una normalità» che riguarda già da tempo anche i settori giovanili. […]
«Un club ha escluso alcuni bambini perché non ritenuti abbastanza bravi – ha scritto Infantino su Instagram citando l'articolo pubblicato da La Stampa – con questi criteri io non sarei mai diventato Presidente della Fifa, perché non avrei potuto vivere la mia passione. La passione dei bambini va alimentata, non frenata. Tutti i bambini che vogliono giocare a calcio devono poterlo fare».
Un intervento nel solco di quanto espresso anche dal presidente Figc, Gabriele Gravina, che ha chiamato la Rivarolese l'altro giorno per esprimere il suo disappunto: «Ho parlato con il presidente della società e mi ha assicurato sulla conclusione positiva della vicenda. Per i giovani, il calcio è uno straordinario strumento di crescita e socialità e, pur comprendendo la difficoltà della carenza di strutture sportive, deve essere il più possibile accessibile a tutti, in particolare ai più piccoli».
A Rivarolo, come ha ammesso anche il neosindaco Martino Zucco Chinà, c'è un problema di impianti (e ne discuterà domani con il presidente della Rivarolese, convocato in municipio). Ma l'esubero dei bimbi classe 2014-2015, che ha portato all'esclusione di una ventina di loro, si è creato solo quando la società, «per alzare il livello», ha deciso di andare a prendere altrettanti bimbi altrove, penalizzando i residenti.
È allora che i genitori hanno scritto al primo cittadino e alzato il polverone. «La società ha deciso di escludere molti bambini dalla squadra in quanto considerati tecnicamente inferiori ad altri, impedendo loro il rinnovo dell'iscrizione – confermano mamme e papà – A 8 o 9 anni i bimbi avrebbero invece il diritto di giocare liberamente, senza il condizionamento dei risultati o delle performance».
La pensa così anche Giancarlo Camolese, vicepresidente Aiac ed ex allenatore del Torino. «È stata una stortura, una decisione frettolosa. Non butto la croce addosso a nessuno, ma è stata una decisione presuntuosa. Si poteva e doveva trovare un'altra soluzione. Fa più rabbrividire la spiegazione, ma queste cose purtroppo le sento in giro. A quell'età il compito è alimentargli la passione per il gioco, la selezione si fa più avanti. Salvo rarissimi casi, nessuno può dire se a 10 anni un bambino sia bravo o no. A Rivarolo, come nei centri più piccoli, il calcio è soprattutto un aspetto sociale, pensate quante famiglie possono esserci dietro». […]
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