Stefano Boldrini per la Gazzetta dello Sport
Mourinho is back. Posti in piedi nella sala stampa del Tottenham, un’ora abbondante con i media, 337 giorni dopo l’addio al Manchester United l’allenatore di Sétubal in dieci punti. Lui: rasatura perfetta, capelli con il taglio giusto, maglietta viola, giubbino. L’ambiente: venti telecamere, cinquanta tra giornalisti e operatori tv, l’addetto della comunicazione Simon Felstein. Impatto con i giocatori: ottimo, tutti impressionati dai colloqui individuali e dalla rapidità in cui Mou si è subito calato nella nuova realtà. Il titolo di questa giornata: «The humble one». L’umile.
11 mesi di riflessioni
«Ho avuto il tempo di rielaborare la mia carriera, di analizzare il passato e di rivedere gli errori commessi, nella speranza di non ripeterli.Commetteròaltri sbagli, è la vita».
Estate strana
«Dal 2000 non mi ritrovavo a vivere un’estate senza lavoro. Mi ha fatto un effetto strano, non è stato facile».
Come sto
«Sono rilassato, motivato, pronto. Non è ora il momento di pensare a me stesso, ma al Tottenham».
Perché sono qui
«Questa squadra ha giocatori di qualità ed è la prima ragione per cui sono qui. C’è grande potenziale, grandi strutture, grande rosa, grande accademia».
Uomo club
«Nel passato dissi che non avrei mai guidato il Tottenham, ma il calcio è cambiato. Non esistono più gli allenatori legati ad una squadra per decenni. L’ultimo è stato il signor Wenger. E prima di lui il signor Ferguson. Ora va tutto più veloce e bisogna adattarsi. Io mi considero un uomo club: dove vado, indosso la tuta con lo stemma sociale per allenare e il pigiama con i colori del club per dormire. La mia dedizione è totale. Sono stato uomo club al Porto, al Chelsea, all’Inter, al Real Madrid, al Manchester United. Ora lo sarò al Tottenham».
L’habitat
«Ho capito che la Premier è il mio habitat. Questo è il Paese del calcio moderno».
La missione
«I primi obiettivi sono immediati: vincere la gara con il West Hamepoi quella con l’Olympiacos, nel mio esordio in casa, per conquistare gli ottavi di Champions. Quest’anno non possiamo vincere la Premier, ma la prossima stagione ci saremo anche noi».
Il lavoro
«Non stravolgerò il passato, Pochettino ha svolto un lavoro eccellente. La base è profonda, ci sono giocatori che avrei voluto comprare in passato e ora sono felice di allenarli. Bisogna capire che cosa sia accaduto negli ultimi tempi. Dobbiamo rialzarci e trovare la stabilità».
Non sono Einstein
«Non mi inventerò cose particolari, non sono Einstein. Il calcio deve essere offensivo, ma la cosa che conta è vincere. Questo non significa che vedrete Kane giocare in difesa».
Kane
«Per me è il miglior centravanti del mondo e voglio che resti».
Alli
«Gli ho detto, scherzando “negli ultimi tempi ho visto tuo fratello”. Ha un enorme talento, da lui mi aspetto molto».
Il Real Madrid
«Ho avuto contatti con tanta gente in questi mesi, compreso il presidente del Real Madrid, con il quale sono in ottimi rapporti. Ci sentiamo per gli auguri di compleanno, per quelli di Natale, per un semplice saluto: il Real rappresenta una parte importante della mia vita. Dopo l’annuncio del Tottenham, ho ricevuto una cinquantina di sms da parte di calciatori, dirigenti e personale del Manchester United».
Pieni poteri
«Se pensate che oggi un allenatore sia il plenipotenziario di un club, siete fuori strada. Non funziona più così il calcio. Io sono l’head coach, il responsabile della struttura tecnica».
Pochettino
«Mauricio sarà sempre il benvenuto. Questa è la sua casa».
Kobe Bryant
«Ho trovato una riflessione interessante nel suo libro: “La gente dice che sono difficile. Ma io sono difficile solo per coloro che non condividono i miei principi”. Condivido in pieno. Io ho i miei principi e non cambio».
Basso profilo
«Mi considero una persona umile».
Ma…
«Crisi del Tottenham provocata dal k.o. di Madrid con il Liverpool? Non lo so, io non ho mai perso una finale di Champions, ma immagino che non sia facile superare una sconfitta di questo genere».
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