Gaia Piccardi per il “Corriere della Sera”
È il torneo eretico che contravviene alle tavole della legge del tennis - sport a eliminazione diretta per antonomasia -, consentendo l'obbrobrio contro natura di una sconfitta. È l'infedele cronico che ha girato 16 capitali e 4 continenti prima di approdare a Torino, l'indirizzo dei prossim(almeno) cinque anni: nato a Tokyo nel '70 dentro la palestra della ginnastica dei Giochi '64 con il nome di Masters Grand Prix, atterra in Italia da Londra, dopo 11 anni di straordinario successo, come Atp Finals.
È, per tutti, giocatori e tifosi, la festa di fine anno degli otto maestri del tennis. Oggi alle 14, sotto le volte del Pala Alpitour rivestito di luce azzurrina da night, scattano le prime Atp Finals made in Italy, enorme sforzo di una Federazione che, per ottenerle, aveva prima investito nel fratellino minore, Next Gen, il Master Under 21 sbranato ieri da Carlos Alcaraz che ha fatto da antipasto milanese.
Il campione in carica Daniil Medvedev, il moscovita che rischia di diventare il russo più forte della storia, accetta la sfida del polacco Hubert Hurkacz prima che alle 21 gli altri due apprendisti stregoni del gruppo rosso, Matteo Berrettini e Sasha Zverev, riducano il campo a un gruviera a furia di servizi vincenti.
Torino torna capitale dello sport internazionale quindici anni dopo l'Olimpiade 2006, trova un suo posto nel mondo del tennis anche grazie alla Coppa Davis che segue a ruota il Master, l'Italia pianta la bandierina al centro di quell'Europa che - con l'eccezione del canadese Auger-Aliassime, fresco n.10 al posto di Jannik Sinner qualificato alle Atp Finals come riserva (93 mila dollari solo per la presenza) - è casa di tutti i top 10: un serbo (l'eterno Djokovic, con i suoi 34 anni e 20 titoli Slam il più attempato dei maestri), due russi (Medvedev e Rublev), un tedesco (Zverev), un greco (Tsitsipas), un norvegese (Ruud), un polacco (Hurkacz) e un italiano (Berrettini) sono, in questo momento, il Tennis sulla soglia della ribellione agli Immortali, l'età media senza il Djoker è 23,8 anni e se la nouvelle vague quest' anno ha sbancato sette Master 1000 su nove (Roma si è consegnata a Nadal e Parigi Bercy a Djokovic) qualcosa vorrà pur dire.
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La rivoluzione ha fretta, però il grande favorito resta il Djoker risorto dalle ceneri di New York, il più basso della scolaresca in gita di classe (ieri visita di Berrettini e della fidanzata Ajla al museo Egizio: grande interesse per il papiro del libro dei morti di Luefanch, e non è uno scherzo): con i suoi 188 cm il serbo è sovrastato dai più alti dei suoi rivali (Medvedev e Zverev, entrambi 198 cm) e questo ci dà un'idea dello spettacolo a cui assisteremo.
Gli otto maestri plurimiliardari, in abiti casual, sono stati fotografati prima dell'inizio delle ostilità sotto i portici di Piazza San Carlo, con un clochard in ginocchio sullo sfondo (lo si intravvede nella foto tra le gambe di Matteo). Le contraddizioni del nostro tempo.
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«Sento la pressione, ma è una pressione che mi piace. Inizia un torneo speciale, che l'Italia del boom del tennis si merita ampiamente» ha detto Berrettini, capace di chiudere nel 2019, alla prima partecipazione ottenuta last minute, un gap tra il Master e il tennis italiano che durava da Adriano Panatta (1975) e Corrado Barazzutti (1979). Due anni dopo è un Matteo diverso, finalista Slam a Wimbledon, irrobustito da altri due titoli Atp (per un totale di cinque) e da una costanza di rendimento che, al di là di qualche fragilità fisica, ne fa un giocatore da attico del professionismo ormai da tre stagioni.
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«A Londra, nel 2019, mi aggiunsi all'ultimo, ed esserci era già una festa. A Torino arrivo con altre aspettative, voglio spingermi oltre». È finito nel girone di ferro, il gruppo rosso, con battitori del suo livello: Medvedev numero 2 del ranking («Gommoso»), Zverev oro olimpico («Solidissimo»), Hurkacz già sconfitto sui prati di Church Road («Imprevedibile») ma equipaggiato con la leggerezza di chi non ha niente da perdere.
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Le Atp Finals escono dai blocchi mentre il futuro è già qui: Sinner (20 anni) ha mancato la qualificazione per un soffio dopo una rincorsa a perdifiato, Korda (21 anni) e Alcaraz (18) hanno dato spettacolo a Milano nel baby Master, Brooksby (21) e Nakashima (20) iniettano di gioventù gli Usa e Gaston (21) di talento la Francia. Le Finals avrebbero meritato il Pala Alpitour pieno, invece tocca litigare per un ampliamento del 7,5% della capienza ridotta dal 75 al 60%. Ma il party non può, non deve, essere rovinato.
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