Emanuele Gamba per “la Repubblica”
Per i calciatori di Gasperini la pacchia è la partita, quasi un giorno di riposo dopo allenamenti che spossano muscoli e teste e che costano una fatica che poi la domenica ( o in un mercoledì di Coppa Italia come questo) non si fa. « Durante la settimana ti uccide », ricorda Raffaele Palladino, uno dei gasperiniani più fedeli ( lavorarono assieme prima nel vivaio della Juve e poi in un memorabile triennio genoano).
«Le partitelle tra noi non erano vere, di più. Una battaglia. Ma se reggevi il ritmo, poi la domenica ti sembrava un gioco».
Gasperini ha un metodo, è un metodo. L' Atalanta ne è un' espressione entusiasmante, con quel football di ondate e folate. Può correggere dettagli e posizioni ( tipo quella del Papu Gomez, che adesso fa il tuttocampista), ma la sua idea di calcio si basa su due principi immutabili: l' esasperazione della cosiddetta intensità e il confronto uno contro uno a tutto campo contro qualsiasi avversario, senza copertura alle spalle e cercando di non indietreggiare mai. L' Atalanta non è la squadra che corre di più in Italia ma quella che lo fa a ritmi più continui e sostenuti. È l' intensità, allenata con esercitazioni al massimo del livello agonistico, come se ogni partitella fosse una partitona.
È così che lavorano in Inghilterra, dove è difficile tenere il passo di questa esasperazione. In Italia, a introdurre questo metodo fu Radice, cultore del pressing forsennato: certe volte ordinava il "liberi tutti", partitelle dove quasi tutto era ammesso e in cui compagni fedeli si scannavano senza pietà, allenando prima di tutto il furore. Con Gasperini accade qualcosa di simile.
« Ho visto tanta gente non farcela, non reggere, mollare mentalmente prima ancora che fisicamente » , testimonia Palladino. « Con Gasp, se sei pigro sei fuori. Ma se lo segui, raggiungi picchi di rendimento impensabili. O sei con lui o contro di lui, senza vie di mezzo» .
A Bergamo, è evidente come la schiera dei seguaci sia di larga maggioranza, anche perché il metodo produce risultati e i risultati schiudono prospettive di carriera, anche se qualche gasperiniano poi non riesce a fare strada lontano da Gasperini, come ad esempio Gagliardini. Ma i più ci guadagnano. «Ricordo Thiago Motta, che arrivò al Genoa dal Barcellona e sembrava ormai finito. I primi tempi non accettava quel tipo di lavoro, gli sembrava tutto assurdamente esagerato. Ma poi capì che Gasperini gli avrebbe dato una seconda carriera » . Per adeguarsi ai suoi metodi servono tre mesi, e sono mesi di inferno. Dicono che al terzo giorno molti vomitino per la fatica, ma che a un certo punto si sentano volare. E non atterrano più.
L' Atalanta è pronta a rovesciarsi sulla Juve (Ronaldo potrebbe anche partire dalla panchina). Ha in mente di vincere la Coppa Italia, non ha paura di un confronto che Allegri sa di dover prendere con le molle: «Dal punto di vista fisico, l' Atalanta è una delle poche che sta al nostro livello » . A Zingonia, Gasperini ha fuso il suo staff con quello del club e da qualche mese l' ha integrato con Jens Bangsbo, che conobbe alla Juve all' inizio del millennio.
Ex terzino danese di lungo corso, due lauree ( matematica e scienze) e un master in fisiologia dello sport, mise piede in Italia come collaboratore di Ancelotti e Lippi, introducendo una novità a quell' epoca rivoluzionaria: ogni esercitazione va fatta con il pallone tra i piedi. È l' inventore dell' usatissimo test dello yo-yo, che serve a misurare l' efficienza fisica dei giocatori. Ha scritto 15 libri e lavorato con Danimarca, Liverpool, Ajax, Fifa, Uefa. Insegna all' università. Pare che con Gasperini si stia intensamente divertendo.
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