Pierfrancesco Catucci per corriere.it
«Mattia Binotto è rimasto team principal della Ferrari più a lungo di quanto mi aspettassi. E no, non verrà in Mercedes». Toto Wolff, team principal e azionista della scuderia tedesca che ha dominato con Lewis Hamilton l’ultimo decennio in Formula 1 prima della doppietta di Max Verstappen sulla Red Bull, è intervenuto a «Beyond the grid», il podcast ufficiale della Formula 1.
Wolff ha parlato delle dimissioni arrivate a novembre del team principal della scuderia di Maranello e che si concretizzeranno a partire da gennaio. Guardando tutto dalla prospettiva di chi quel ruolo lo conosce molto bene. «Era chiaro da sempre che (Binotto, ndr) fosse sotto una pressione tremenda. Se sei team principal della Ferrari,è meglio che tu abbia un buon accordo di uscita. Ora, probabilmente, si è arrivati a una decisione inevitabile, ma ha resistito più di quanto immaginavo». E non immagina per Binotto un futuro come quello di tanti altri ingegneri che negli ultimi anni sono approdati in Mercedes: a cominciare da Aldo Costa (direttore tecnico del Cavallino dal 2008 al 2011 e alla Mercedes fino al 2018), James Allison (direttore tecnico della Mercedes dal 2017 dopo aver vinto cinque mondiali con Schumacher in Ferrari), il motorista Lorenzo Sassi.
«No, penso che ci siano stati troppi screzi tra noi (Wolff parla di “porcellana rotta”, ndr) negli ultimi due anni perché ciò sia possibile», ma non esclude che Binotto possa lavorare per altre scuderie: «Mattia conosce a fondo la Formula 1 e magari troverà un ruolo in un altro team». Per prendere il posto di Binotto è attualmente in pole position l’attuale team principal dell’Alfa Romeo Frederic Vasseur, ma in passato (prima che approdasse in Mercedes) Wolff ha confessato che avrebbe trovato molto allettante la possibilità di arrivare a Maranello se fosse stato contattato dalla Ferrari. E ha poi spiegato cosa significa fare il team principal di una scuderia: «Devi essere attento ai regolamenti, alla politica, ai diritti commerciali, agli avversari. Tutti noi siamo praticamente rinchiusi nella “gabbia” del paddock. Devi essere politicamente astuto, perché puoi anche essere un buon manager a livello sportivo e non capire nulla di ciò che sta succede a livello commerciale o al di fuori del mondo del motorsport».