“IL CALCIO NON INSEGNA PROPRIO NULLA. E’ UNA REGRESSIONE ALLA GIUNGLA” - PIERGIORGIO ODIFREDDI IN VERSIONE TROMBONE ROMPI-PALLONE: "SE TRA I GIOVANI CHE ABBIAMO VISTO COMPORTARSI COME SCIMPANZÉ NELLE STRADE CI SONO I NUOVI CAMUS O DERRIDA, CERTO SI MIMETIZZANO BENE - OLTRE A GUADAGNARE MOLTO PIÙ DEI PREMI NOBEL, I CALCIATORI DELLA NAZIONALE SONO STATI SUBITO RICEVUTI AL QUIRINALE E A PALAZZO CHIGI, MENTRE CARLO RUBBIA..."

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Piergiorgio Odifreddi per "la Stampa"

 

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Nel suo editoriale di domenica il direttore non ha voluto scomodare lo scrittore Albert Camus, che sosteneva: «tutto quello che so della vita l'ho imparato su un campo di calcio».

 

Vorrei però provare a scomodarlo io, per due motivi. Anzitutto, per ricordare che Camus ha imparato la vita in un paesino algerino, vergognandosi della sua povertà e della sua famiglia di coloni francesi: è ovvio che potesse trovare sui campi di calcio, in particolare, e tra la gente del luogo, in generale, ispirazioni migliori di quelle che poteva dargli una malintesa grandeur francese insegnatagli dalle donne di casa (quando lui aveva un anno il padre era morto in guerra, «per servire un paese che non era il suo»).

 

nazionale bus scoperto nazionale bus scoperto

A proposito di algerini, il filosofo Jacques Derrida andò anche oltre Camus, e voleva addirittura diventare un calciatore professionista. Di nuovo, per un bambino di una famiglia algerina ebrea naturalizzata francese, che venne espulso da scuola a dodici anni dai provvedimenti antisemiti della repubblica di Vichy, anche il calcio poteva essere una scuola di vita: magari l'unica.

 

Tra l'altro, ricordo che ancora cinquant' anni dopo il filosofo si divertiva a giocare a calcio, e ci giocai io stesso una volta, nella casa di campagna del suo amico e collega Maurizio Ferraris. Tutto questo per dire che un secolo fa, nella sottosviluppata Algeria, il calcio poteva certamente insegnare qualcosa di buono e utile.

 

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Il problema è se possa continuare a farlo oggi, nella sviluppata Italia: a giudicare dalle reazioni selvagge che esso scatena, dentro e fuori gli stadi, sembrerebbe proprio di no. Semmai, è diventato una scuola di regressione alla giungla, e se tra i giovani che abbiamo visto comportarsi come scimpanzé nelle strade e sulle piazze ci sono i futuri Camus o Derrida, certo si mimetizzano bene, e faticheranno non poco a tagliare il cordone ombelicale che li lega al branco.

 

nazionale pullman scoperto nazionale pullman scoperto

 

Il secondo motivo per il quale volevo scomodare Camus è che, comunque, lui diceva che giocare a calcio poteva essere una scuola di vita: non certo guardarlo allo stadio, e meno che mai in televisione! Che fare sport possa essere una scuola di vita è ovvio, ci mancherebbe! Lo stesso vale per giocare a calcio, anche se si tratta solo di uno sport dimezzato: per l'altra metà è un gioco, e le mentalità dello sportivo e del giocatore non sono affatto le stesse. In ogni caso, guardare in televisione i calciatori che giocano non è diverso dal guardare gli attori che fanno all'amore: costituisce cioè una forma di voyeurismo, nel caso migliore, e di pornografia, in quello peggiore. Intendiamoci, con quello che succede al giorno d'oggi, e che leggiamo sui giornali, guardare film porno o partite, invece di fare l'amore o giocare, non è forse il male peggiore, ma certo non costituisce un atteggiamento sano e maturo verso il sesso o lo sport.

PIERGIORGIO ODIFREDDI PIERGIORGIO ODIFREDDI

 

Lasciamo perdere poi gli orgasmi collettivi che gli spettatori esibiscono nelle strade e sulle piazze, che farebbero ridere se avvenissero letteralmente dopo la visione di un film porno, ma fanno piangere se avvengono metaforicamente dopo una partita. Poiché tra i tifosi ci sono sicuramente anche degli psicanalisti, vorrei evitare loro di andare a scandagliare nel mio "inconscio", alla ricerca dei motivi reconditi della mia avversione per il calcio: anche perché sono perfettamente consci, e posso dichiararli senza problemi.

 

la nazionale festeggia sul pullman 9 la nazionale festeggia sul pullman 9

Il fatto è che il pallone da calcio è un meraviglioso oggetto, costituito di venti esagoni e dodici pentagoni, scoperto niente meno che da Archimede, e realizzato dalla natura nella molecola di fullerene C60, costituita di sessanta atomi di carbonio messi ai vertici del solido: il cuore di un matematico sanguina, quando lo vede preso a calci, come sanguinava il cuore dei fedeli quando gli anarchici prendevano a fucilate la statua della Madonna nella guerra di Spagna.

 

Un matematico potrebbe al massimo accettare che col pallone si giocasse di testa, ma purtroppo giocare coi piedi è più remunerativo e onorevole. Ad esempio, oltre a guadagnare molto più dei premi Nobel, i calciatori della nazionale sono stati subito ricevuti al Quirinale e a Palazzo Chigi, mentre Rubbia ha dovuto attendere trent' anni per diventare senatore a vita. Così va il mondo, e c'è poco da fare, ma almeno permettete a quelli come me di lamentarsene.

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