Piero Torri per repubblica.it - Estratti
(...) E' il caso di prolungare l’era di Mourinho? La domanda prima ancora della risposta, farà arrabbiare una moltitudine maggioritaria dei tifosi romanisti che, da quando il santone di Setubal è sbarcato a Trigoria, è rimasta come ipnotizzata da un personaggio straordinario, da un comunicatore che meriterebbe una cattedra nel settore in qualsiasi università del mondo, da un uomo che si è vestito di romanismo arrivando con successo a rappresentare il popolo giallorosso, quello che ha scelto l’As Roma, come scritto dalla Sud nell’ultimo derby.
Tutto vero e a questo si deve aggiungere la vittoria nella Conference e una finale di Europa League. Ma vi domandiamo: da un punto di vista tecnico, tattico, di gioco, cosa è riuscito a dare alla Roma? E aggiungiamo: quando andrà via cosa lascerà? Delle 137 gare in panchina con la squadra giallorossa, quante se ne ricordano al motto ammazza come hanno giocato bene? Ecco, il participio passato decisivo: giocato.
Siamo cattivi se la nostra risposta non arriva a dieci? Non pretendiamo il guardiolismo o affini, ma un’idea di gioco sì. In questi quasi tre anni, noi quest’idea non l’abbiamo quasi mai vista. Per farci capire non dobbiamo andare lontano, basta tornare al derby di coppa Italia. La Lazio si presenta in campo con il terzo portiere, un greco arrivato da queste parti chissà per quali percorsi lotitiani. Uno pensa: tirategli. La Roma ha tirato in porta la prima volta a tre minuti dal novantesimo, con il greco che non sa bene neppure lui come l’ha presa.
Un altro esempio? Il concetto di mettere più punte nella convinzione di risalire la corrente. Nel derby la Roma ha concluso la partita con Lukaku, Belotti, Azmoun, El Shaarawy contemporaneamente in campo (e in più con il fantasma di Pellegrini). In un quattro-due-quattro perlomeno velleitario. Non funziona così, è più facile incassare il secondo gol che fare la rete del pareggio.
Possibile che lo Special One non lo sappia?
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