Antonio Barillà per “la Stampa” - Estratti
La crisi della Juventus, nell'analisi di Arrigo Sacchi, diventa spunto per una riflessione ben più ampia sul calcio italiano. L'allenatore che ha riscritto il gioco ribellandosi alle tradizioni, e scritto la storia del Milan, individua nella mancanza di idee il problema principale, che però non è soltanto bianconero, fa parte della cultura del Paese:
«Nella musica è fondamentale lo spartito, nei film la trama e nel calcio il gioco: i fondatori lo concepirono come sport collettivo e offensivo, noi l'abbiamo trasformato in individuale e difensivo. Anziché puntare sulle idee, si acquistano bravi calciatori, e così i bilanci sono in rosso».
Dal generale al particolare: qual è la sua opinione sulla frenata improvvisa della Juventus?
«Non dico me l'aspettassi, ma era possibile che potesse accadere: non vedevo brillantezza, bellezza, innovazione e solo che in Italia, se vinci, sei bravo in ogni modo. Il fatto è che siamo una nazione di tattici, in tutti i settori e non solo in panchina: chi più chi meno, andiamo avanti con le furbate. Allegri è un bravo allenatore tattico, categoria che tende a imporsi punendo l'errore avversario, lo stratega cerca invece il successo attraverso la propria strategia. Per quanto mi riguarda, la vittoria senza merito non è vittoria».
Come mai, dopo aver tenuto a lungo il passo dell'Inter, la luce bianconera si è spenta d'improvviso?
«Non c'è mai un solo motivo, su ogni crisi incide una somma di componenti: qualche calciatore illuso dai risultati può aver smarrito concentrazione, qualcuno può essersi sentito svuotato davanti alla fuga dell'Inter, qualcuno ha accusato banalmente un calo fisico. S'è persa, probabilmente, quella cattiveria che aveva permesso di sopperire alla mancanza di idee».
(...) Simone Inzaghi, in realtà, è cresciuto molto e l'Inter se continua così, potrà far bene anche in Champions League. L'importante è non sentirsi mai fenomeni. Anche il Milan fa buone cose, cerca il possesso e attacca gli spazi: a Monza, però, ci sono stati troppi errori».
Il discorso scudetto è chiuso?
silvio berlusconi arrigo sacchi e i tre olandesi gullit rijkaard van basten
«Il vantaggio è cospicuo, ma nel calcio ne ho viste tante. E le coppe internazionali possono rubare energie».
Gioco a parte, cosa deve ritrovare in fretta la Juve?
«Motivazioni e spirito di squadra. Il gruppo è fondamentale. Io ho sempre scelto i calciatori per l'affidabilità più che per la bravura. Ci divertivamo e la gente di divertiva. Arrivai con 30.000 abbonamenti, l'anno dopo le richieste erano 75.000. Il calcio è emozione, e non per un minuto ma per 90, il tifoso vuole l'estetica, il dominio, lo stile. E lo stile italiano è stato a lungo, ancora è nonostante i miglioramenti, difendersi e fregare in contropiede».
Il Napoli scudettato cambia per la terza volta l'allenatore. Responsabilità?
«La scala è semplice. Il club con la sua storia, la sua competenza e il suo stile viene prima della squadra e la squadra viene prima di ogni singolo. Calzona lo conosco, ha lavorato a lungo con Sarri: un tecnico stratega, come De Zerbi».
il documentario Arrigo Sacchi. La favola di un visionario. allegri vlahovic allegri vlahovic arrigo sacchi funerali silvio berlusconi