“EGOISTA, SOCIOPATICA, PERDENTE, VERGOGNA PER GLI STATI UNITI”: LA SALUTE MENTALE DI SIMONE BILES DIVENTA BERSAGLIO DI ATTACCHI DA PARTE DI EDITORIALISTI E CONDUTTORI DELLA DESTRA AMERICANA – L’EX CONDUTTORE TELEVISIVO BRITANNICO PIERS MORGAN MENA DURO: “I PROBLEMI DI SALUTE MENTALE ORA SONO LA SCUSA PER QUALSIASI PRESTAZIONE SCADENTE NELLO SPORT D’ÉLITE? UNO SCHERZO. I BAMBINI HANNO BISOGNO DI MODELLI FORTI, NON DI QUESTE SCIOCCHEZZE”

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Giulia Mengolini per open.online

 

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Diversi editorialisti e conduttori della destra americana hanno duramente criticato la ginnasta. Ma i Giochi di Tokyo 2020 hanno il merito di aver sradicato un antico tabù

 

«Devo fare ciò che è meglio per me e pensare alla mia salute mentale, perché voglio stare bene e perché c’è una vita oltre la ginnastica». All’indomani delle sue dichiarazioni sulla propria salute mentale dopo il ritiro alle Olimpiadi di Tokyo sono stati migliaia i messaggi di solidarietà via social ricevuti dalla pluricampionessa Simone Biles, dal supporto della portavoce della Casa Bianca Jen Psaki alla direttrice dell’Unicef Henrietta Fore, passando per illustri colleghi e colleghe del mondo dello sport.

 

Ma c’è anche non ha affatto apprezzato il coraggio di Biles nel parlare al mondo intero di uno stigma radicato, quello della salute mentale: oltreoceano, diversi personaggi che lavorano per emittenti conservatrici hanno duramente attaccato la ginnasta 24enne, definendola «egoista», «sociopatica» e persino «vergogna per il suo Paese».

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L’ex conduttore televisivo britannico Piers Morgan, già noto per essersi dimostrato insensibile al tema della salute mentale, come ha dimostrato con le critiche alla tennista Naomi Osaka e per aver deriso Meghan Markle per avere pensato al suicidio, ha twittato: «I problemi di salute mentale ora sono la scusa per qualsiasi prestazione scadente nello sport d’élite? Che scherzo. Ammetti di aver gareggiato male, di aver commesso degli errori e che ti impegnerai per fare meglio la prossima volta. I bambini hanno bisogno di modelli forti, non di queste sciocchezze».

 

 

I conduttori radiofonici Clay Travis e Buck Sexton nel loro show hanno criticato la campionessa definendola una «sociopatica egoista» e una «vergogna per il suo Paese». «Perché è coraggiosa? Cosa c’è di coraggioso nel non essere coraggiosi?» si sono chiesti, aggiungendo che «Stiamo crescendo una generazione di persone deboli come Simone Biles».

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Anche la scrittrice Amber Athey ha criticato la scelta della ginnasta, scrivendo un articolo per lo Spectator dal titolo: «Simone Biles è una perdente», sostenendo che «un vero campione è chi persevera anche quando la gara si fa dura». Sul sito web di estrema destra The Federalist, John Daniel Davidson è stato ancora più spietato, dicendo che Biles non avrebbe dovuto gareggiare ai Giochi per se stessa, ma «per il tuo Paese, per tutti gli americani». Secondo il giornalista, i personaggi pubblici sono spesso premiati per prendersi cura della propria salute mentale anche in assenza di qualsiasi tipo di malattia mentale. L’attacco più crudele è arrivato dal popolare conduttore di talk show radiofonici Charlie Kirk che ha definito Simone Biles una «sociopatica egoista», «immatura» e «una vergogna per il suo Paese».

 

Ai Giochi di Tokyo è finalmente caduto il tabù della salute mentale

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A Biles non si perdona il coraggio di aver confessato al mondo intero di “non stare bene”, portando sotto i riflettori tutta l’umanità e le sofferenze invisibili degli atleti, perché la salute mentale – a differenza di un infortunio fisico come una caviglia slogata o un osso fratturato – non si vede. Eppure le pressioni mentali possono diventare allo stesso modo invalidanti e pericolose.

 

Angela Schneider, direttrice del Centro internazionale di studi olimpici presso la Western University in Canada, ha sottolineato che lo stress sopportato dagli atleti in questi Giochi olimpici è inedito: «Ciò che ha reso queste Olimpiadi straordinarie è l’impatto che la pandemia di Covid-19 ha avuto sugli atleti negli ultimi 18 mesi, non solo sul loro allenamento fisico, ma anche sul loro benessere mentale», ha scritto Schneider su The Conversation.

 

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Il fatto che gli atleti si fossero preparati con un lavoro incessante per un anno, per poi vedere i Giochi rinviati a causa della pandemia, ha avuto un forte impatto di stress. Improvvisamente, i loro sforzi sono stati messi in pausa, chiedendo loro di rimettersi in gioco dopo altri 12 mesi. «Un prezzo incalcolabile» da pagare. Di buono c’è che i Giochi di Tokyo 2020 saranno ricordati (anche) per aver sdoganato il tabù della salute mentale, di cui ha parlato anche la tennista numero due al mondo, la giapponese Osaka: «Le pressioni su di me qui sono tantissime. Sono alla mia prima Olimpiade e non sono stata capace di reggere questa pressione».

 

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La decisione di Biles è stata elogiata dal nuotatore Michael Phelps – «spero che questa sia un’opportunità per noi di fare emergere ancora di più il tema della salute mentale. È molto più grande di quanto possiamo immaginare» – ha detto, e parlando con la NBC ha ricordato le sue battaglie in questo senso, raccontando che aveva trovato difficile chiedere supporto quando ne aveva bisogno.

 

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