Estratti da open.online
(...) «È caduta nel tratto pianeggiante della pista. Ha fatto un errore, si è sbilanciata, ha battuto la faccia ed è ruzzolata fuori». Così è morta Matilde Lorenzi nell’incidente sugli sci sulla pista rossa Grawand nr.1 sul ghiacciaio della Val Senales. La testimonianza, riportata oggi dal Corriere della Sera, è del suo allenatore Angelo Weiss. I margini sono delimitati da una piccola rete.
Ma un rinforzo «non è necessario in quel tratto dove non è mai successo nulla», dicono i tecnici. Anche per gli investigatori i requisiti di sicurezza sono stati rispettati. Lorenzi è deceduta all’ospedale di Bolzano per un’emorragia interna. La procura di Bolzano ha già dato il nulla osta per il funerale. Segno che la tesi dell’incidente sembra essere stata accettata. Eppure c’è chi dice che il problema della sicurezza sugli sci è endemico.
LORENZI
Flavio Vanetti per corriere.it - Estratti
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Ma dopo la tragedia Federica ha preferito non continuare ed è tornata a casa sua, in Val d’Aosta. Come accaduto in occasione della morte (a causa di un tumore) di Elena Fanchini, ha deciso di comunicare il suo dolore ai familiari di Matilde, evitando qualsiasi intervento sui social o tramite interviste.
Matilde era assieme ad altre due compagne, Sara Allemand e Ludovica Righi. Quest’ultima era al rientro dopo un infortunio, quindi per lei si trattava di sedute a scopo riabilitativo. Le tre atlete erano seguite da cinque tecnici: Damiano Scolari, Angelo Weiss (ex azzurro nella Coppa del Mondo, il primo a vincere uno slalom dopo il ritiro di Alberto Tomba), Patrice Revil, Marco Mina e Martino Rizzi. Stiamo parlando del gruppo di lavoro della Coppa Europa, che prenderà il via a metà dicembre.
Quello della Val Senales era così una sorta di raduno propedeutico alla stagione, successivo alla preparazione estiva svolta in Sud America. In realtà il gruppo di lavoro si era separato in due parti: il secondo è volato in Svezia, a Storklinten, dove avrebbe dovuto esserci pure la povera Matilde. Ma lì faceva troppo caldo e quindi non c’era la possibilità di raggiungere velocità adeguate per preparare, tramite il gigante, la disciplina principale di Lorenzi, vale a dire il superG. Quindi al Nord sono andate solo le slalomiste e viene davvero da pensare come a volte un destino sia deciso da fattori non controllabili: una questione di luoghi e di momenti.
La zona del ghiacciaio e la routine
Il gruppo di Matilde era arrivato a sua volta domenica 27 e sarebbe rimasto in Val Senales fino al 31 ottobre compreso. Data l’affluenza di atleti — su quella neve si allenano, tra gli altri, pure svizzeri, austriaci, norvegesi, tedeschi — sulla pista ciascuno degli ospiti del ghiacciaio ha una zona di lavoro. In questo caso le giovani promesse azzurre operavano sulla pista Gravand G1 e sulla prima delle dieci tracce disponibili.
La routine delle sedute è sostanzialmente codificata e ricorrente: sveglia alle 6, quindi risalita in vetta (quota 3300), prima con una funivia e poi con una seggiovia per raggiungere un rifugio; a seguire, una rapida sciata lungo una stradina per raggiungere il tracciato, infine riscaldamento e inizio delle discese.
Di norma di effettuano dai 6 agli 8 giri (quindi una volta completata una discesa si risale e si riprende). Per rendere attendibile la seduta e acquisire dati, i tecnici provvedono anche a installare un sistema di cronometraggio. Dopo il lavoro in pista c’è il rientro all’hotel, seguito, dopo pranzo, dalla parte pomeridiana dell’allenamento, con programmi defaticanti (con la cyclette) o in palestra.
L'impatto contro un fondo molto duro
L’incidente di Matilde Lorenzi è accaduto nella tarda mattinata, in una zona comunque non ripida. Le prime notizie sono arrivate verso le 11.30. I soccorsi sarebbero stati immediati, gli allenatori erano presenti e hanno subito dato l’allarme: ma le condizioni sono apparse subito gravi, Matilde dopo il volo è atterrata sì sulla neve, ma sotto c’era un fondo molto duro e non è escluso — visti i danni agli organi interni di cui si è detto — forse anche con delle asperità. Si dovrà anche analizzare la situazione della pista, che nel lato dell’incidente — testimoniano le foto — non presentava reti o altre protezioni.
Non sempre è necessario averle, ma a patto che i criteri di sicurezza siano ben definiti. «Se lì non c’era una rete, il pericolo era rappresentato dal rischio di cadere in un punto nel quale, magari, c’erano delle pietre — il parere di Paolo De Chiesa, ex della Valanga Azzurra —. Quindi o sposti la zona di lavoro altrove, o la proteggi. Inoltre ho molte perplessità sul fatto che ci siano così tanti tracciati vicini l’uno all’altro».
Posto che l’autopsia dovrà accertare eventuali malori di Matilde quale causa del mancato controllo degli sci, il resto dell’inchiesta dovrà far luce sulle condizioni tecniche e ambientali in cui questa tragedia si è consumata.
L’assurdo è che avvenuta in un luogo dove addirittura si portano i ragazzini a sciare: è accaduto la scorsa primavera in una festa dalla neve nella quale i giovanissimi hanno potuto sciare assieme a campioni che gareggiano nella Coppa del Mondo.